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Migranti, Pistelli: «Europa impreparata, ma non c’è nessuna invasione alle porte»

Per il viceministro agli Esteri con delega alla cooperazione internazionale «la convenzione di Dublino ha fatto il suo tempo e Triton è inadeguato: le nostre Capitanerie di porto da sole fanno dieci volte tanto»

di Redazione

Quasi 20mila migranti già sbarcati sulle nostre coste dall’inizio dell’anno con stime che parlano di 250mila sbarchi entro la fine dell’anno. «I numeri servono per costruire politiche, non per creare allarmi ingiustificati, qui non c’è nessuna  invasione». Le cifre che interessano il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli (in foto in un incontro bilaterale col Sudan) sono altre.

 

Quali?
Due per esempio: nei ultimi tre mesi di operatività Triton ha tratto in salvo 1.700 persone. Le capitanerie di porto italiane, senza il supporto di Mare Nostrum, 17mila. Quasi dieci volte tanto.

Questo cosa significa, che i 3 milioni al mesi che Bruxelles stanzia per Triton sono pochi?
Le do un altro numero. L’Europa ha 500 milioni di abitanti e deve gestite un flusso di poche centinaia di migliaia di profughi. Nei prossimi giorni andrà in Libano. Un paese di 4,5 milioni di abitanti che ospita un milione e mezzo di profughi. Li hanno messi dovunque, nelle scuole e anche nelle case.

Sta dicendo che l’Italia dovrebbe imparare dal Libano?
Sto dicendo che il fenomeno delle migrazione è un fenomeno con cui l’Europa deve imparare a convivere e che in giro per il mondo ci sono Nazioni molto più sotto pressione della nostra che hanno trovato il modo di gestirsi.

La politica europea è fondata sul regolamento di Dublino ha ancora un futuro?
Quella convenzione ha fatto il suo tempo. Oggi ci sono quattro Paesi in Europa che si fanno carico del problema: Germania, Svezia, Francia e Italia. Il nostro continente ha politiche nazionali sull’immigrazione  e asilo e continentali sulla mobilità interna. È evidente che questo non ha senso.

Se la Libia fosse un Paese con un Governo stabili e forze di sicurezza affidabili, sarebbe diverso?
Non credo. Gli immigrati arrivano da posti come Siria, Eritrea, Somalia, Gambia. Non passassero attraverso la Libia, troverebbero altre strade. Su questo non ci sono dubbi.

Qualche mese fa è stata proposta la sperimentazione di campi di riconoscimento dei richiedenti asilo nei Paesi a subsahariani. È un’idea praticabile?
Noi in questo momento ci limitiamo a fornire un servizio di informazione per i richiedenti che arrivano in questi campi gestiti da Oim o Unhcr. Per fare un passo in più occorre valutare con molta accortezza i pro e i contro. Segnalo per esempio che ammassare tanti immigrati in un punto preciso, consente ai trafficanti di avere a portata di mano chi si vede rifiutata la protezione, ma vuole comunque arrivane in Europa a tutti i costi. È un po’ come mettere un pollaio vicino alle tane delle volpi.

Un’ultima domanda. Possibile che da almeno quattro anni ogni estate venga dichiarata l’emergenza immigrazione e Comuni e stato centrale si dichiarino nei  fatti sempre impreparati?
Su questo ha ragione. Occorre fare di più. Negli anni 90 in soli due anni la Germania da sola seppe accogliere 480mila immigrati dall’Est Europa. Non dimentichiamocelo. Un elemento positivo però sta emergendo: ormai la questione immigrazione è diventato centrale nel dibattito politico.


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