Cooperazione & Relazioni internazionali

Migrazioni: “Un Summit europeo con troppe paure e idee sbagliate”

“L’approccio dei leader europei sulle migrazioni, tutto all'insegna della sicurezza, è controproducente. Ed è il segno di una paura e una mancanza di visione politica che non si giustifica più”. Il j’accuse di Costanza Hermanin, Analista politico presso l’Open Society European Institute

di Joshua Massarenti

Come molti esperti, Costanza Hermanin esprime tutta la sua delusione nei confronti del super Vertice europeo sulle migrazioni che si è svolto ieri a Bruxelles. “Un Summit dominato dalla paura dei leader europei di perdere il consenso elettorale”, assicura quest’analista politico e specialista delle questioni migratorie presso la sede europea dell’Open Society Foundations, la prestigiosa rete di fondazioni creata da George Soros. “E purtroppo dalla paura scaturiscono spesso idee sbagliate, e così è stato”, sottolinea Hermanin commentando le conclusioni del Vertice (che potete leggere qui, in versione inglese, e qui in italiano).

Ma qualche spunto positivo lo avrà pure trovato in questo Summit, oppure no?

Sono pochi e riguardano l’impegno volontario per il reinsediamento dei rifugiati dagli Stati di transito e quelli di origine, così come l’adozione di programmi regionali di cooperazione allo sviluppo che facilitano i programmi di protezione regionale. Ma in entrambi le iniziative citate, ci vogliono mesi per renderle operative, mentre le tragedie del Mediterraneo esigono risposte immediate.

Nell’immediato il Consiglio UE ha deciso di “potenziare rapidamente Triton e Poseidon triplicando le risorse finanziarie” e “incrementando il numero dei mezzi, in modo da aumentare le possibilità di ricerca e salvataggio nell’ambito del mandato di FRONTEX”. A questo si aggiunge la guerra dichiarata ai trafficanti…

L’approccio adottato ieri dagli Stati Membri dell’Unione, tutto improntato sulla sicurezza, è il contrario dell’unico approccio possibile per affrontare la questione migratoria sul breve termine. E’ una strategia che mi fa pensare a quella applicata per anni dalla Comunità internazionale per lottare contro le droghe, una strategia fondata sulla militarizzazione, la penalizzazione e l’uso delle forze dell’ordine. I risultati sono stati controproducenti. Anche in questo caso, un unico potenziamento delle attività contro i trafficanti e gli smugglers non può che avere un effetto negativo sulla fuga delle persone che richiedono protezione e l’immigrazione in generale. In un contesto come quello libico, dove i migranti sono perseguitati dagli attori coinvolti nella guerra civile, mi sembra assolutamente irresponsabile pretendere di aumentare il controllo delle frontiere. Sarebbe invece responsabile facilitare le vie di fughe attraverso l’apertura di corridoi umanitari.

Eppure i trafficanti vanno combattuti. In che modo?

Certo, e vorrei chiarire il fatto che non si può non combattere coloro che svolgono attività criminali attraverso il traffico di persone e la facilitazione dell’immigrazione clandestina. Ma in un momento di emergenza come questo, non può essere l’approccio principale. Può invece essere un approccio complementare nei confronti di un fenomeno come le migrazioni che non possiamo fermare. Inoltre, l’idea di affondare delle navi pone il serio rischio di uccidere vite innocenti, così come l’organizzazione una grande operazione di polizia contro i trafficanti e gli smugglers rischia anche di coinvolgere coloro che stanno sinceramente aiutando le persone a scappare. L’Australia e il Messico ci hanno provato, ma i risultati sono fallimentari. Ogni qualvolta le navi australiane si avvicinano a una barca di trafficanti per arrestarli o per affondare la nave, questi iniziano a buttare i migranti in mare. Vogliamo riproporre gli stessi errori?

A sentirla, sembrerebbe proprio di sì. Perché secondo lei?

Dedicare risorse limitate tese a scoraggiare il traffico delle persone, aprendo nel contempo dei corridoi umanitari. Ma i leader europei hanno preferito concentrarsi su Frontex perché sentono il bisogno di rassicurare il loro elettorato, e Frontex è un’agenzia di controllo delle frontiere. Facendo questo hanno tagliato l’erba sotto il piede dei partiti populisti e dell’estrema destra, continuando nel contempo ad alimentare le paure che la stampa alimenta presso i cittadini europei riguardo i migranti e i terroristi. Con questa scelta, i leader europei hanno dimostrato anche poca creatività. Frontex riunisce guardie di Finanza, agenzie che fanno polizia di frontiera, e le persone che ci lavorano devono rispettare il diritto del mare, quindi devono salvare le vite delle persone, ma non sono formate a farlo. La guardia costiera che l’Italia ha utilizzato con Mare Nostrum, nonché la Marina militare, sono formate per questo genere di salvataggio. A Bruxelles, i capi di Stato e di governo avrebbero potuto optare per una cooperazione rafforzata per il salvataggio in mare, oppure per un’azione volontaria sul social rescue, e questo al di fuori dei Trattati. E’ una cosa che il Consiglio europeo si può permettere di fare. Del resto, lo aveva già fatto nell’ambito della crisi finanziaria adottando misure al di fuori del quadro legislativo europeo. I pacchetti finanziari adottati negli ultimi anni lo sono stati al di fuori dei Trattati in vigore.

Torniamo al timore dei capi di Stato di perdere il loro elettorato. E’ una paura giustificata?

No, e lo dimostrano Renzi, Letta e Alfano, che per un anno hanno sostenuto Mare Nostrum, un’operazione che ha consentito di salvare molte più vite umane rispetto a Triton, senza perdere il consenso dei loro elettori. Perché gli altri leader europei non dimostrano lo stesso coraggio? E’ perché non spostano la narrativa sull’immigrazione su valori universali come la dignità umana, sul fatto che anche noi abbiamo lasciato l’Europa per essere accolti in altri paesi quando ne avevamo bisogno? I nostri leader sanno poi benissimo che le probabilità di vedere i terroristi sbarcare in Europa attraverso il Mediterraneo sono estremamente basse, hanno altri mezzi per venirci a colpire. E li conosciamo.

A volere questo Vertice è stato Renzi, come ne è uscito?

Non ne esce male, sicuramente poteva essere più ambizioso. Spero che forte dell’esperienza di Mare Nostrum, l’Italia continui a fornire assistenza attraverso la guardia costiera e la Marina militare. Sul fronte africano, il nostro governo dovrebbe approfittare dello spazio che si è guadagnato nel Processo di Khartum evitando di impostare questa iniziativa all’insegna del rafforzamento delle misure dei controlli delle frontiere, ma favorendo un’apertura di canali legali, lo sviluppo dei paesi di origine e di transito, il negoziato con i governi somali ed eritrei affinché ratifichino le Convenzioni di Ginevra. Ma il Premier ha un altro scoglio importante da superare: deve dimostrare lungimiranza sulla riforma dell’Asilo che il Consiglio dei ministri doveva adottare oggi, ma che è slittata. Una riforma seria e ambiziosa che dia risorse finanziarie adeguate per accogliere chi scappa dalla guerra, ma soprattutto per integrare i rifugiati che già stanno in Italia. Il nostro sistema sta facendo acqua da tutte le parti. I comunicati stampa diffusi in questi ultimi giorni da Medici per diritti umani dimostrano che a Roma – nelle aree di Collatino, Ponte Mammolo e Salam Palace di Tor Vergata – c’è una situazione umanitaria e sanitaria che può essere risolta soltanto se il governo collabora con gli Enti locali e le associazioni in modo costruttivo, altrimenti si rischia che le persone sbarcate dall’altra parte del mondo siano costrette a vivere per mesi, se non per anni in condizioni disastrose nelle periferie romane, mettendo a rischio la propria vita. L’adozione di una riforma importante sull’Asilo è tanto più importante che può aprire la strada alla riforma dell’asilo in Europa.

Sempre ieri, durante la sua conferenza stampa del dopo Vertice Renzi ha evocato il ruolo importante che l’Africa è destinata a coprire e la necessità di rafforzare la cooperazione allo sviluppo con i paesi africani. Ma nessuno, o pochi, lo hanno menzionato…

E' un approccio importante che condivido e che non può passare in secondo piano. Detto questo, la cooperazione allo sviluppo è uno strumento che non può fare a meno della condizionalità, soprattutto nei confronti di quei paesi che non rispettano i diritti umani come quelli del Corno d’Africa. Ma per rafforzare lo sviluppo e renderlo credibile è necessario facilitare l’accesso dei prodotti e dei beni africani ai mercati europei e favorire la mobilità dei lavoratori africani sul mercato del lavoro europeo. Purtroppo, è da anni che l’Italia non adotta un decreto flussi. Non è possibile che l’unico modo per arrivare sul territorio italiano sia quello di attraversare il Mediterraneo a bordo di un barcone. Ci sono profili professionali di cui avremo sempre più bisogno in futuro per svolgere attività professionali disertate dagli italiani. In questo caso, la politica dei flussi è fondamentale. Spero che entro la fine di questa legislatura si riveda la legge Bossi-Fini per creare dei canali di accesso legale per le persone che vengono in Italia.

Photo credito: Commissione europea


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