Cooperazione & Relazioni internazionali

Così la Chiesa apre le porte ai migranti

La rete ecclesiale si è mobilitata da tempo per far fronte agli sbarchi. L'impegno di Migrantes, Cism e del Coordinamento di Reggio Calabria. Sono circa 10.000 i minori accolti nell’ultimo anno nelle diverse case famiglie e nelle comunità

di Marina Moioli

«I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare soldi. Al contrario dovrebbero servire per la carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo. Mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro». Il richiamo che Papa Francesco fece nel 2013 visitando a Roma il Centro Astalli non poteva essere più esplicito e molti hanno cominciato a tradurlo in fatti concreti.

Da tempo infatti le diocesi italiane sono in prima fila nell’accoglienza ai migranti attraverso 115 Centri di accoglienza, 27 case famiglia e altri 80 servizi specifici. A questi servizi negli ultimi anni –  anche in seguito alle primavere arabe e al cammino di migranti, richiedenti asilo che in oltre 300 mila negli ultimi tre anni hanno attraversato il Mediterraneo – si sono uniti altri servizi straordinari di accoglienza che hanno riguardato in particolare le famiglie, le donne e i minori. A dare le cifre è la Fondazione Migrantes, che ha lanciato pochi giorni fa una proposta per l’affido dei minori chiamando in causa anche le famiglie italiane.

La proposta di Migrantes per i minori
Sono circa 10.000 i minori accolti nell’ultimo anno nelle diverse case famiglie e nelle comunità. «Per evitare un ritorno all’istituzionalizzazione dei minori in grandi centri, spersonalizzanti, la nostra proposta è che alla luce della legge 285/1997 e successivi emendamenti, si valorizzi da subito, all’arrivo dei minori, e non con i tempi lunghi di oggi, la tutela del minore e il loro affido, soprattutto per i più piccoli, a famiglie affidatarie», spiega monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes.

In questi anni nei comuni e province italiane è nata una rete di associazioni familiari per l’affido che sarebbe importante valorizzare per un’accoglienza dei minori migranti che oggi attraversano il Mediterraneo, unitamente alle case famiglie. «La qualità dell’accoglienza dei minori  è la caratteristica della legge per i minori in Italia, che la rende tra le migliori al mondo. Sarebbe un peccato che, di fronte a un fenomeno di arrivi di minori da altri paesi, questa “qualità dell’accoglienza” venga perduta, smarrita, privilegiando l’accoglienza  di minori in grandi strutture. A questo proposito, iniziative di persone e famiglie, come quella di Siracusa riunite nell’Associazione AccoglieRete possono essere buone prassi che offrono nuove opportunità per un’accoglienza intelligente dei minori, che parta proprio dalla tutela fino ad arrivare all’affido. Un’associazione che ha iniziato con 30 minori il suo lavoro di tutela, oggi senza nessun sostegno economico. Forse  una serie di risorse, almeno per i minori potrebbero essere indirizzate verso questa forma di accoglienza e tutela familiare dei minori», conclude monsignor Perego.

L’impegno del Cism
Anche il Cism (Conferenza italiana dei superiori maggiori) si dà da fare per assistere i migranti «del resto i conventi, da sempre sono un approdo per l’umanità, sia per ifrati che li abitano, come per tutti quelli che vi arrivano e chiedono una parola, un panino, una coperta, un sorriso, un po’ di luce e di pace, ha commentato padre Luigi Gaetani, presidente del Cism. Alcune iniziative sono già in atto da tempo. Come quella dei padri comboniani di Brescia, impegnati nella “Tenda di Abramo”, che dedica un'ala della casa all'ospitalità gratuita di 20 migranti, seguiti da volontari.

Non solo un tetto e del cibo ma anche affetto e speranza: è quanto offrono agli immigrati i frati francescani di S. Francesco a Ripa Grande, nel quartiere di Trastevere a Roma. La struttura che risale all'800, negli anni '70 ospitava studiosi di teologia. Su 25 stanze, solo sette oggi sono occupate da religiosi, mentre nelle altre, vuote, vengono ospitati profughi e bisognosi. Ma ci sono anche altri esempi presso i frati minori conventuali di Enna, i Guanelliani a Lecco, i Pavoniani in Valsassina, gli Oblati di San Giuseppe in Sardegna, gli Scalabriniani a Roma e Foggia.

Il caso Reggio Calabria
Secondo i dati ufficiali della Prefettura nel 2014 gli sbarchi sono stati 28, per un totale di 15.600 unità; se si aggiungono gli sbarchi anche negli altri porticcioli della Provincia di Reggio Calabria (Come Brancaleone, Roccella Ionica) si supera però quota 17.000. Quest'anno l’ultimo sbarco consistente (l’ottavo dall’inizio dell’anno) è stato di 779 unità, preceduto in aprile da altri due (uno dei quali di quasi 700 unità), il primo dei quali a gennaio. Di solito ci si limita al porto di Reggio, dove possono attraccare le navi, solitamente della Marina militare, di alto tonnellaggio. A Reggio Calabria è stato costituito già nel settembre 2013 il "Comitato ecclesiale di pronto intervento" che riunisce una decina di enti ecclesiali o comunque di ispirazione cristiana, per garantire una piena intesa e coordinazione e anche una maggiore efficacia e continuità del nostro servizio. Lo dirige padre Bruno Mioli, che sottolinea: «La nota originale è che si è presentato questa iniziativa non solo alla Curia Vescovile, ma pure alla Prefettura, dalla quale si è avuto apprezzamento e una certa libertà di azione, sempre il subordinazione e intesa con le varie realtà istituzionali (in particolare la Protezione Civile), a sostegno e integrazione e, in linea di principio, non in supplenza delle medesime; così una nostra rappresentanza è convocata al "tavolo di crisi", il giorno prima o poche ore prima dello sbarco, assieme agli Enti pubblici (forze dell'ordine, guardia costiera, sindaci, unità sanitaria, protezione civile, ccc.), per concordare in concreto gli interventi.

«Il Coordinamento, attorno al quale gravitano una settantina di volontari, provvede soprattutto alla fornitura di vestiti e calzature e al momento dello sbarco anche alla piccola ristorazione particolarmente per bambini e alla possibilità – dentro i limiti consentiti dalle forze dell'ordine e dalla prudenza – di aver contatto telefonico con i propri familiari e diversi altri servizi», spiega padre Mioli. Dal porto di Reggio  la grande maggioranza dei migranti parte poi direttamente per altre Provincie e Regioni con pullman che sono già allineati al porto. Mentre vengono ospitati gli ammalati o chi è sospettato di essere affetto da malattie contagiose oltre a molti minori non accompagnati, donne gestanti o con bambini in tenera età. 

Foto Getty Images

 


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