Cooperazione & Relazioni internazionali

Open Society Foundations: «L’Agenda Eu un testo impensabile 6 mesi fa»

Gli aspetti positivi e le criticità delle proposte avanzate dalla commissione europea commentati dalla senior policy analyst Costanza Hermanin del Open Society European Institute

di Martino Pillitteri

Parla a Vita.it Costanza Hermanin, l'esperta di questioni che riguardano diritti umani, uguaglianza e immigrazione a livello UE e senior policy analyst presso l'Open Society Foundations, la rete di grantmaking fondato da George Soros in prima linea nella promozione di governance democratica, diritti umani e giustizia sociale.

 

A caldo, quali sono i punti di forza dell’agenda Eu sull’immigrazione presentata oggi a Bruxelles?

Nel comunicato della commissione si vede qualcosa che sei mesi fa era impensabile, ossia un piano di redistribuzione obbligatoria degli esilianti. Trattandosi di una proposta legislativa ora bisogna vedere quanto di questo sopravvive da qui al Consiglio Europeo di giugno, occasione in cui si dovrebbero approvare le quote proposte dalla commissione.
Il secondo dato fondamentale positivo è stata l’adizione di un linguaggio fortemente improntato alla ricerca e al soccorso per le missioni di Frontex. Emerge infatti una chiara impronta alla tutela dei diritti umani. Questo è importante non soltanto dal punto di vista della politica interna dell’Unione Europea, ma anche dal punto di vista della credibilità di questa agenda nei confronti degli Stati Terzi. Se si dava un’impronta essenzialmente orientata al controllo e alla lotta alla criminalità, al traffico, agli smugglers, si sarebbe stati meno credibili nei confronti dei partner esterni.

Per quanto riguarda i punti deboli?

Il primo è il mantenimento del focus sulla lotta al traffico delle persone e allo smuggling su cui si adottano misure che verosimilmente non saranno molto efficaci. La prima cosa che si adotta e che si propone è l’operazione di sicurezza comune difesa di cui è incaricata Federica Mogherini il cui piano deve essere presentato entro fine maggio. Le opzioni operative per andare ad operare il Libia sono molto ristrette e bisognerà studiare un piano molto innovativo. Da questo punto di vista ci sono due note: la prima è che si poteva dare un ulteriore spinta alle misure alternative al Border Enforcement, ossia alla creazione di visti di ingressi legali nell’ambito della politica di asilo e della politica di mobilità economica e al focalizzarsi sui  visti di protezione. La concessione di visti europei per le  vittime di trafficking e per le vittime di sfruttamento del lavoro è ancora molto ridotta. Nell’agenda  Eu c’è una menzione del lavoro sfruttato. La verità è che l’applicazione di quella direttiva implica che chi denuncia di essere sfruttato dal punto di vista lavorativo ottenga un permesso di soggiorno. Si tratta di una misura importante.

Le questioni più ambigue?

Secondo me la nozione fondamentale è che con gli Stati Terzi si possano svolgere delle operazioni soprattutto in chiave prevenzione del traffico e dello smuggling. E’ una proposta che manca di lungimiranza perché gli incentivi agli Stati africani a collaborare sulla prevenzione del traffico delle persone sono veramente pochi. Come dicono certe persone il traffico dei migranti e delle persone è spesso sponsorizzato dalle forze di sicurezza degli Stati africani. Sembra inverosimile che gli si chieda una cooperazione per combattere un fenomeno da cui traggono vantaggio. Sarebbe stato più lungimirante seguire l’esempio degli Stati Uniti con il triangolo Honduras, Guatemala ed El Salvador dove si è fatto un programma di sviluppo locale e regionale delle regioni da cui partano la maggior parte dei migranti. In altre parole ci vorrebbe un serio programma incentrato sullo sviluppo.
Però l’Europa si deve inventare una politica nuova con un’impronta sui diritti umani molto più forte di quella che hanno gli Stati Uniti. E’ il momento per inventarsi un modello nuovo anche tenendo in considerazione il calo demografico del nostro continente pensando con una prospettiva di 50 anni. E’ il momento di farlo, e la comunicazione della commissione europea è un buon inizio, sperando che questi numeri e queste proposte da qui a giugno non vengano snaturate.

Questa mattina Alfano ha detto che è caduto il muro di Dulino. E’ uno slogan che fa una buona sintesi?

Si, penso che abbia ragione e che abbia trovato una buona formula. Noi come Open Society Foundation e come network di altre associazioni in riferimento alla situazione italiana abbiamo lanciato l’hashtag #europeanprotectionnow. La questione è europea ma L’Italia è in prima linea. Ora, l’Europa sta facendo la sua parte, ha dato una sua risposta. L’Italia deve fare la sua parte migliorando il suo sistema di asilo. Venerdì, il consiglio dei ministri adotta due decreti legislativi sull’asilo, sulle procedure e sull’accoglienza. E' un buon banco di prova iniziale.

Il testo della commissione è pieno di buoni propositi e belle parole. Ma per quanto riguarda l’aspetto dell’Execution delle direttive, siamo proprio sicuri che non ci sia il rischio che l’Eu se la sia cantata e suonata? 

Il punto di vista dell’esecuzione è cruciale, anzi è il problema principale dell’Unione Europea che ha un governo federale senza un macchina di law enforcement come invece succede negli Usa. Faccio un esempio, il più eclatante: ci sono due direttive europee che permettono di dare permessi di soggiorno alle vittime di human traffiching e alle vittime di lavoro sfruttato.  I numeri in Italia degli ultimi 5 anni sono rispettivamente di 18 permessi per vittime di tratta e 5 permessi per vittime di lavoro sfruttato.

Qual è il peggior scenario che potremmo prospettare?

Che non vada in porto il negoziato sulla chiave di ridistribuzione dei richiedenti asilo, chi prende X numero di richiedenti asilo. L’Inghilterra, la Danimarca e Irlanda probabilmente si tireranno fuori e quindi ci sarà da riadattare cu chiave continentale.

Foto:Getty Images


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