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I migranti esiliati a Calizzano

Era stato indicato da più parti come caso modello di integrazione. In realtà le cose stanno diversamente. Come Vita.it ha potuto scoprire

di Anna Spena

“Mi-gràn-te“. Non l’ho neanche pronunciata per intero la parola che il proprietario dell’albergo Lux di Calizzano, provincia di Savona, stava già tagliando corto: «Non so chi è lei, non rispondo a niente. Mi potrebbe dire qualunque cosa, io per telefono le potrei dire che sono il presidente della repubblica».

Se ne avessi avuto il tempo, io gli avrei educatamente risposto che beh se cercavo il presidente della repubblica non avrei chiamato proprio lì… in quel paesino piccolo piccolo di 1545 abitanti che si trova  nell'alta val Bormida, nell'entroterra ligure della Riviera di Ponente, al confine tra la Liguria e il Piemonte.

Ho chiamato lì, invece, perché cercavo proprio lui. Cercavo lui semplicemente perché le stanze del suo albergo sono tutte occupate da 38 migranti, tutti maschi e di età compresa tra i 20 e i 40 anni, provenienti dal Mali, dalla Costa d’avorio e dalla Nigeria. Quello che doveva essere preso come modello da imitare, il piccolo paesino a 34 km di distanza da Savona, esemplare nel reinserire nella società questi ragazzi, forse non è proprio cosi esemplare come si presenta.

Per capire meglio questa storia, parliamo con l’assessore alle politiche sociali del comune di Calizzano, Annalisa Biano, con il responsabile dell’area migrazioni delle cooperativa sociale Il Faggio, Ronaldo Bonjean, e poi con l’albergatore che palesandosi cosi sospettoso e insofferente in quei pochi istanti di conversazione, di sospetti, non fa altro che confermare i nostri.

Parliamo prima con l’assessore Biano che onestamente ammette che «le operazioni di inserimento sociale non sono ancora iniziate, i migranti si occuperanno principalmente di operazioni di manutenzione del comune. Calizzano ha 1500 abitanti. Capisce che il rapporto pro-capite tra immigrati e cittadini è davvero alto. Non avranno nessun beneficio in denaro da queste operazioni, hanno comunque vitto e alloggio gratis». Dalla dichiarazione dell’assessore è facile capire che in qualche modo la presenza di questi migranti doveva essere giustificata agli occhi dei cittadini. Poi, è proprio lei a precisare «Sono tutti uomini, senza famiglia. Calizzano è un paesino di montagna, la struttura sanitaria più vicina è a 35 km, qui non c’è una stazione ferroviaria. L’unico modo per raggiungere Savona è in macchina o in bus». Ma quante macchine avranno i migranti per spostarsi? E con che frequenza i bus passano da lì? Ma soprattutto qual è il rapporto tra i migranti e il piccolo paesino ligure?

L’anello che lega o forse “inchioda” i migranti al paesino è la onlus Il Faggio che ha sede a Savona. Arriviamo così al secondo interlocutore. Il responsabile dell’area migranti della onlus ci conferma che le operazioni di reinserimento lavorativo volontario non sono ancora iniziate, ci dice che i migranti sono 40 (arrotonda per eccesso anche se stiamo parlando di persone non di monetine), e sì, le operazioni inizieranno tra dieci giorni (forse) ma non coinvolgeranno tutti i migranti ma solo otto, divisi in due gruppi da quattro ciascuno. Quando gli chiedo come è entrato in contatto con i migranti mi dice «abbiamo vinto un bando al ribasso con la prefettura di Savona». Però quando insisto per saper il dato economico preciso, mi risponde «non lo so».

Facciamo l’ultimo tentativo e contattiamo l’albergatore, magari siamo fortunati, e riusciamo a parlare con qualche migrante che, come aveva sottolineato l’operatore de Il Faggio, fanno lezione di italiano due volte alla settimana.

Ma non siamo fortunati. Di dati precisi ce ne sono veramente pochi in questa storia. L’unica cosa che però ci sembra certa, è che questo non è il modo giusto per fare accoglienza. 


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