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Actionaid, Cittadinanzattiva e Slow Food insieme per svegliare l’Italia

Marco De Ponte spiega natura e obbiettivi dell’alleanza tra le tre associazioni che vuole contribuire alla trasformazione del Paese attraverso il ruolo attivo dei cittadini. «Serve qualcuno che medi tra i cittadini e le istituzioni. Ci siamo candidati a farlo. Il primo obbiettivo riguarda le mense scolastiche»

di Lorenzo Maria Alvaro

Actionaid, Cittadinanzattiva e Slow Food insieme per chiedere al Premier Renzi di rivedere le Linee di indirizzo per la Ristorazione Scolastica entro la chiusura di Expo 2015. È nata “Italia, Sveglia!”, un’alleanza tra Actionaid, Cittadinanzattiva e Slow Food per contribuire alla trasformazione del Paese attraverso il ruolo attivo dei cittadini e la tutela dei loro diritti. Si parte dalla scuola al Premier Renzi di rivedere le Linee di indirizzo per la Ristorazione Scolastica entro la chiusura di Expo 2015. Si tratta di un comparto strategico per 10 milioni di italiani e dal fatturato di 1.3 miliardi di euro. Per capire come nasca e quali sviluppi abbia questo progetto abbiamo chiesto a Marco De Ponte, segretario generale di Actionaid.

Come nasce questa idea?
Da una riflessione di natura politica. Abbiamo visto che o ci sono aggregazioni su un tema, o aggregazioni sindacali di difesa di interessi o settori, oppure ci sono associazioni temporanee di scopo che si concentrano intorno ad una specifica progettualità. Noi invece pensiamo che sia doveroso per associazioni come le nostre verificare la condivisioni di alcuni meta obbiettivi. Ci siamo chiesti se riuscivamo a mettere insieme capacità, competenze e territorialità per favorire la partecipazione civica. È una precondizione per raggiungere obbiettivi specifici. Convinzione che nasce dal fatto che le forze politiche fanno fatica a mediare tra cittadini e istituzioni. Alcuni partiti dicono apertamente che le istituzioni sono scalabili o occupabili. Noi possiamo aiutare a chiudere questo gap facendolo in maniera sistematica.

E come pensate di coniugare tre realtà così differenti?
In primis abbiamo deciso che sarebbe stato utile cercare di lavorare ad un'integrazione tra noi, organica, che vuol dire non solo lavorare ad iniziative comuni ma anche aiutarci sulle funzioni interne. Ognuna delle tre organizzazioni ha poi soci, attivisti, sostenitori che da anni dimostrano come questo Paese non sia del tutto addormentato: l’idea è quindi di partire dalle comunità, dai territori, dalle battaglie e dalle attività che ci accomunano, per trasformare, tutti insieme, la società in cui viviamo. Nel concreto andiamo a unirci su alcune proposte d'azione, che è il nostro stile caratterizzante. Lo stile di chi vuol fare politica e non gestire un consenso elettorale.

Quali sono queste battaglie?
La nostra battaglia simbolo è la chiamata all'azione sul tema del cibo. La ristorazione collettiva nelle scuole, luogo ed opportunità di impegno per 10 milioni di italiani. È una questione quindi di portata nazionale. Si parla di un mercato da 380 milioni di pasti consumati all’anno nelle scuole elementari e medie inferiori, 2 milioni di pasti ogni giorno, per un fatturato di 1.3 miliardi di euro annui. Non vogliamo perdere l'occasione di regolare questa materia. Chiederemo a Renzi di farlo nei prossimi mesi. Usciamo con delle linee guida su come devono mangiare i bambini a scuola. Prestando particolare attenzione all’uso di prodotti locali e sani, il rispetto dei lavoratori coinvolti in tutte le fasi della produzione, la partecipazione di genitori e alunni alle scelte relative alla loro alimentazione, una effettiva trasparenza e l’incentivazione di politiche di riduzione degli sprechi e dei rifiuti.

Ma perché proprio le mense scolastiche?
Da una parte perché è un segmento che intercetta una fetta consistente della popolazione, direttamente e indirettamente. Ma anche per la congiuntura che vede l’Expo di Milano, incentrato su alimentazione e sprechi e i lavori sulla riforma della Scuola. Teniamo presente che non esistono di fatto dati nazionali sugli sprechi alimentari prodotti nelle mense scolastiche ma, secondo alcune rilevazioni, circa il 10% dei pasti serviti (pari a 87mila tonnellate di cibo) sono eccedenze, delle quali l’85% è totalmente sprecato.


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