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Albino Bizzotto, in digiuno a sola acqua contro la guerra tra poveri

«Siamo arrivati al punto che i più disperati diventano i nostri nemici perché mettono a rischio la nostra tranquillità, ma se come società tiriamo fuori la cattiveria per affrontare i problemi non facciamo altro che esasperare i conflitti che vorremmo risolvere»

di Pietro Barabino

Incontriamo don Albino Bizzotto a Genova. Nato a Cassola (Vi) 76 anni fa. Sacerdote dal 1963, nel 1985 fonda l’associazione Beati i costruttori di pace, diventando uno dei punti di riferimento del pacifismo italiano. Da sempre promotore di iniziative in ambito sociale, vive a Padova. Recentemente ha portato avanti un digiuno a sola acqua.

Perché questo digiuno, cosa sta succedendo a Padova?
Sono stato 10 giorni a sola acqua perché nella mia città esiste un’atmosfera pesante, il periodo elettorale ha peggiorato un andazzo molto brutto, senza scrupoli. Non è più lecito neanche a livello giuridico poter difendere e dare alloggio a chi non ha niente (rifugiati, richiedenti asilo, sinti e rom…). Non succede solo a Padova, sempre più persone rinunciano alla propria umanità facendo propri i messaggi di paura e rifiuto che provengono da diversi sciacalli della politica. Ancora una volta si alimenta la guerra tra poveri. I più disperati vengono indicati come i nostri nemici, perché mettono a rischio la nostra tranquillità e il nostro benessere. Non sappiamo chi sono, ma non desideriamo incontrarli, li cerchiamo solo di eliminare perché portano degrado. A Padova è addirittura considerato reato domandare l’elemosina! Sono state notificate più di 1.500 multe. In alcuni casi i vigili arrivano a prendere dalle tasche di queste persone i pochi spiccioli che hanno raggranellato. Si tratta semplicemente di poveri, che chiedono con educazione e non fanno alcun reato perché la Corte Costituzionale ha detto che quel tipo di attività non è reato. Eppure vengono colpiti e vessati sia dalla polizia che dai vigili, proprio su mandato del Sindaco. Così arriviamo a pensare che i poveri sono pericolosi, mentre i veri delinquenti possono stare tranquilli.

Perché proprio il digiuno?
Perché rende estremamente deboli e quindi bisognosi degli altri, e perché il digiuno mi mette nella necessità di sperimentare la condizione di chi non per scelta o volontà deve fare i conti ogni giorni con la mancanza del necessario per vivere. Sperimentare questa situazione anche fisicamente mi aiuta ad aprire gli orizzonti ed essere attento con tutte le persone che incontro.

Cosa ti porta ad andare avanti quando le lotte sembrano perse, guardando anche al tuo impegno contro la base dell’esercito USA nell’aeroporto Dal Molin a Vicenza?
Io credo, seguendo l’esempio di Gesù, che sia doveroso fare ciò che è giusto secondo coscienza, anche se si è consapevoli che si sarà perdenti. Poi, facendolo, noto che la gente capisce e solidarizza. Da iniziative come questa nascono movimenti di lotta e di impegno che liberano spazi di umanità. Le cose negative sono quelle che fanno più notizia, non siamo abituati a vedere la vita che continua “nonostante tutto”. Eppure l’umanità continua a produrre gesti di amore, anche dentro alle sofferenze fisiche e morali e le situazioni sociali più difficili. Io credo che tutto quello che facciamo volendo bene, mettendoci al servizio degli altri, è vita che rimane per sempre. Neanche la morte biologica riuscirà a togliere questa vita. Qualsiasi azione che noi facciamo con il cuore avrà risonanza in altri cuori. L’amore è la parte non quantificabile e monetizzabile che muove la Storia, è la potenza di Dio.

Come relazionarsi con chi si trova in condizioni di fragilità?
Inizialmente si fa fatica, ognuno parte dai propri pregiudizi. Ma se si accetta di ascoltare, le vicende di precarietà e povertà dentro le quali si muovono queste persone, con tutto il rifiuto sociale che generano è inevitabile iniziare ad amarli. Quando si ama una strada la si trova sempre, le relazioni sono empre trasformative. Bisogna mettersi in gioco e lasciarsi convertire. La maggior parte dei conflitti nascono da paura e ignoranza, mai dalla conoscenza. Se come società tiriamo fuori la cattiveria per affrontare i problemi non facciamo altro che esasperare i conflitti che vorremmo risolvere.

Per le elezioni hai mandato un appello ai candidati che parla anche di “emergenza Terra”
Siamo di fronte al rischio di un cambio geologico, in gioco c’è la vita di tutti, eppure mi pare che da nessuna parte a livello politico venga presa sul serio questa emergenza. Il pianeta è in metastasi e noi continuiamo a parlare di crescita o peggio di come rubare voti uno all’altro. Serve un’inversione di rotta decisa e immediata. Il pianeta viene prima di noi, non è un mezzo a nostra disposizione per realizzare profitti. Dobbiamo riparare i danni delle devastazioni compiute e ancora in atto, ridare respiro alla Terra. È un impegno ineludibile quello ecologico. Non saranno i nostri progetti economici o il perseguimento del benessere per come l’abbiamo concepito fino ad oggi a portare la novità nel mondo, ma per la salvezza di tutti sarà centrale rilanciare il nostro rapporto vitale con la Terra.

Quale ruolo possono giocare le comunità cristiane in questo cambiamento?
C’è una grande distinzione tra religione e fede. La fede è un rapporto diretto e autentico della nostra vita nei confronti di Dio. Gesù ha mostrato che questo tipo di rapporto non è il frutto di una conquista o di un modo di interpretare, ma è un ascolto della realtà di un Dio che è capace solo di voler bene e si mette al servizio dell’umanità. Per questo penso non esista un perimetro specifico per i cristiani, a meno che io non ritenga il “fattore umano” come lo specifico cristiano. Lo Spirito di Dio è in tutti, anima il nostro impegno e ci chiama a camminare con tutte le persone. Il vero problema è: ascoltiamo fino in fondo la voce della nostra coscienza? Gesù non ha etichette, non è “cattolico”, né “cristiano” ma semplicemente “umano”, non ha mai detto ai suoi: “Costruitevi le chiese”, ha detto “Andate in tutto il mondo e a tutte le creature!”. Per questo quello evangelico è un messaggio che riguarda tutte le persone, chiunque lo recepisce lo accoglie, lo fa proprio.

Quali esperienze possono aiutare i giovani a formarsi verso il servizio e l’impegno?
Ai giovani cercherei di far capire quanto è importante la loro vita, quanto è significativo quello che decidono di fare e come si relazionano tra loro. La crisi in cui ci troviamo non ci permette di usufruire più dello standard di vita e di relazioni cui eravamo abituati, non è sufficiente “informarsi”, anche se questo viene fatto con consapevolezza, l’impegno non può essere solo su un piano “intellettuale”. Quando vado nelle scuole superiori dico sempre: “Se volete la pace cominciate a coltivare un orto”. Sembrerà strano, ma dobbiamo riprendere il contatto con la realtà e fare di questa realtà il soggetto del nostro impegno del nostro studio e della nostra abilità pratica. Bisognerebbe poi fare in modo di trasmettere gli anticorpi necessari per evitare di essere corrotti dal potere. Spesso chi fa politica non si mette dalla parte di chi ha meno e che sta peggio, ma dalla parte di chi ha di più ed è al di sopra degli altri, questo è un dato drammatico che si ripete. Mettete i ragazzi in ascolto della propria coscienza e dei conflitti che vivono, ma aiutateli anche a vedere da che parte si muovono nei conflitti esterni: se il loro sguardo parte e comprende tutti a partire dai più poveri o se li tende a rimuovere e li rifiuta.

@pietrobar


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