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Biennale di Prossimità: buona la prima!

Si è chiusa domenica la prima edizione, Genova ha accolto benissimo le 120 organizzazioni che da 10 regioni italiane si sono spostate in Liguria per raccontare il loro modo di essere “protagonisti del welfare” e costruire un sistema che risponda efficacemente ai bisogni della gente.

di Elisa Furnari

Certo 120 organizzazioni, 6000 scatti ufficiali, 3 spettacoli teatrali, 4 film, 60 video, 2 seminari, 2 workshop, circa 200 tecnici di settore provenienti da 10 regioni italiane sono i “numeri” di un evento che hai colori del buon esito, ma permettetemi la Biennale della Prossimità è molto dipiù.

La Biennale è un format nuovo, da una call sul web una raccolta spontanea di partecipanti; è un programma diffuso nei temi e negli spazzi che contamina senza recinti la città; è una condivisione senza sé e senza ma degli obiettivi dell’iniziativa da parte di ogni singolo partecipante; è un appuntamento che ruota torno ad un asse principale e cioè racconta il tuo modo di fare prossimità.

Quello che le organizzazioni promotrici (Social Club Torino, Social Club Genova, Consorzio Nazionale Idee in Rete, Associazione ISNET, Emporio della Solidarietà di Lecce e Fondazione Ebbene), i 120 aderenti e le centinaia di persone partecipanti hanno trasmesso in questi 3 giorni è l’assoluto bisogno di non fermarsi davanti ad una crisi del welfare che si nutre della miseria delle risorse economiche e della diffusa incapacità di gestire i problemi sociali in maniera “differente”.

Così per i carrugi di Genova ecco prender forma nuovi modi di fare housing, economie condivise di quartiere, cibo e welfare che si fondono e molto molto altro con una propensione di ogni singolo partecipante a contaminarsi e contaminare l’altro.

Con lo sguardo dritto al bisogno di ben-essere delle comunità e un occhio attento ai processi di sviluppo locale ed a nuovi modi di essere “economia”, la Biennale ha ospitato la sharing economy e la cooperazione sociale, l’alimentazione, il cibo e la povertà ma ancora l’ambiente e i rifiuti , la riforma del terzo settore, i laboratori per l’amministrazione condivisa senza dimenticare il lavoro e l’inclusione, la rigenerazione urbana, la cultura e i territorio, l’educazione, l’innovazione e la qualità della vita.

Questa Biennale della prossimità è stata a mio avviso una grande opportunità per coloro i quali l’anno promossa, sostenuta arricchita o semplicemente vissuta e visitata, un’occasione per tutti coloro i quali, amministratori in primis ed organizzazioni, hanno scelto di non misurarsi con la condivisione, la cooperazione e collaborazione che vivono nella Biennale e nella prossimità.

Il momento più intenso? Forse la cena condivisa nelle strade della Maddalena dove le donne hanno cucinato e offerto i loro piatti a chiunque passasse e volesse raccontare e raccontarsi seduti attorno a un tavolo.

In questi 3 giorni come si fa prossimità Genova ce l’ha insegnato, adesso serve che le esperienze diventino politiche e per questo serve che della Biennale – che prenderà forma in una seconda edizione – si faccia tesoro.

In apertura foto Getty Images


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