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Nuovo Isee, quello che i numeri non dicono

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un report con i dati dei primi tre mesi di applicazione del nuovo Isee. Si rivela uno strumento più equo, che ha stanato tanti furbetti. E a sorpresa favorisce anche i nuclei con persone disabili. Ma per le associazioni non è così.

di Sara De Carli

Nei giorni scorsi il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un report che dà conto dei primi tre mesi di applicazione del nuovo Isee. «Si tratta di dati molto incoraggianti: la riforma dell'ISEE aveva come unico obiettivo quello di rendere il sistema più equo, a partire dalla veridicità delle dichiarazioni, ed è quello che sembra si stia verificando», ha detto il ministro Giuliano Poletti. «Sembra che i "furbetti" del welfare abbiano vita meno facile con le nuove regole. Osservo inoltre con piacere che tra i gruppi più favoriti del nuovo Isee vi sono le persone con disabilità». Il Ministero ha creato anche un comitato consultivo costituito dai rappresentanti di Regioni, Enti locali, Sindacati, Associazioni dei disabili, Forum Terzo Settore e Forum delle famiglie che esaminerà questi dati: «dobbiamo sempre farci trovare pronti a rivedere le nostre decisioni, se dovessero produrre risultati non desiderati», ha detto il ministro.

Dopo le tante simulazioni che hanno accompagnato la lunga gestazione del nuovo Isee, si tratta dei primi dati – per quanto parziali – per valutare l’impatto del nuovo strumento e dargli quindi la sua prima “pagella”.

Tre premesse

Il nuovo Isee è entrato in vigore il 1 gennaio 2015. Il monitoraggio è fatto a campione su una platea pari a circa il 2% della popolazione Isee complessiva, ovvero su circa 22mila DSU a fronte di oltre 1.100.000 attestazioni ISEE richieste e generate dall’Inps nei primi tre mesi del 2015. Prima osservazione: nel primo trimestre di quest’anno le DSU presentate sono state l’85% di quelle presentate l’anno prima (seppur in ripresa fra gennaio e marzo) e a prescindere dai dati aggregati presentati dal Ministero un discorso a parte andrebbe fatto sul caos organizzativo in cui sono stati lasciati i Comuni, per nulla accompagnati nel passaggio al nuovo strumento. Seconda osservazione: alcune prestazioni a cui si accede attraverso l’Isee sono stagionali – tipicamente le mense scolastiche, gli asili nido, l’università – quindi bisognerà attendere l’intero anno per avere uno spaccato più preciso di quel che è successo. Terza osservazione: fare un report sul 2% della popolazione Isee, statisticamente, è tanto o poco? È questa la prima obiezione che è stata mossa al report da parte ad esempio di Maria Simona Bellini Palombini, Presidente Nazionale del Coordinamento Famiglie Disabili Gravi e Gravissimi: «la ricerca è stata condotta su un campione così esiguo, appena il 2% della popolazione Isee, da render perfino assurde le percentuali rilevate e, sicuramente, da suggerire un'analisi molto più guardinga di quella entusiasta fatta dal Ministero». In realtà un campione del 2% non è poco, come riconosce anche Roberto Speziale, presidente di Anffas, che in un suo comunicato scrive «diamo positivamente atto dell’analisi condotta dal Ministero, in quanto basata su un significativo campione di DSU». Per quanto parziali, quindi, abbiamo finalmente dei dati scientifici su cui costruire il dibattito pubblico.

Equità e selettività

Uno degli obiettivi della revisione dell’Isee era migliorare l’equità e la selettività, stanando “i furbetti”: il Rapporto sull’Isee 2012 ad esempio scriveva nero su bianco che il vecchio Isee era viziato da «comportamenti opportunistici», tali per cui «per il 60% della popolazione Isee il patrimonio non ha alcun effetto sull’indicatore» e nel Mezzogiorno «il 96% della popolazione Isee (contro l’80% nella media nazionale) dichiara di non possedere nemmeno un conto corrente o un libretto di deposito». Il nuovo Isee risponde a questo obiettivo? Stando ai dati del report, sì. Nel 2015 le DSU con patrimonio nullo sono passate dal 72,7% al 24,1%, con un valore medio del patrimonio passato da 4.814 euro a 9.213 euro. E questa in generale è una buona notizia. I dati del report, nel suo complesso, dicono che il nuovo Isee è più favorevole per il 45,3% delle famiglie, stabile per il 20% mentre per il 35% delle famiglie le nuove regole sono penalizzanti rispetto alle vecchie e il nuovo Isee risulta più alto. Bisogna però dire che nel momento avremo anche le richieste per nidi, scuola e università, presumibilmente avremo un maggio numero di famiglie con reddito più elevato e quindi le percentuali di famiglie che saranno avvantaggiate dal nuovo Isee saranno inferiori. Calma quindi coi trionfalismi che dicono che la metà delle famiglie risulta avvantaggiata dal nuovo Isee.

L’impatto sulle persone con disabilità

Il capitolo più caldo del nuovo Isee è quello che riguarda i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità. Qui le regole del gioco sono cambiate vistosamente, a cominciare dal fatto che per la prima volta nella storia sono state conteggiate come reddito tutti gli aiuti monetari che lo Stato riconosce alle persone con disabilità (assegni di cura, indennità di accompagnamento, pensioni). «La disabilità farà reddito», hanno denunciato con preoccupazione per mesi le associazioni di disabili. Accanto a quello però c’erano una serie di franchigie e altri correttivi, che nelle proiezioni preliminari dicevano – complessivamente – di un’attenzione positiva alle persone con disabilità. Ex post, alla prova dei fatti, il meccanismo complessivo ha funzionato? I dati del Ministero dicono che in questo primo trimestre nei nuclei con una persona con disabilità sono aumentati di due volte e mezzo gli Isee nulli (erano il 10%, sono diventati il 25%): oggi il 44% dei nuclei con una persona con disabilità sono sotto i 3mila euro di Isee (con le vecchie regole sarebbero stati il 29%). Vistoso l’impatto anche nella fascia “alta”: le famiglie con Isee sopra i 30mila euro erano il 3,3%, ora sono più che raddoppiate (il 6,7%): impatta la diversa rilevanza data oggi al patrimonio immobiliare e mobiliare e impatta il fatto che il sistema di franchigie previsto penalizza le persone con disabilità più gravi, che prendono più di una indennità. Le conclusioni del Ministero? «Il favore della nuova disciplina è evidente in tutti gli indicatori. Il nuovo Isee è più favorevole per due terzi dei nuclei di persone con disabilità e meno favorevole per un quarto, un rapporto che è quasi di 3 a 1».

Le reazioni

Tutto bene quindi? La senatrice Maria Cecilia Guerra, che nei Governi Monti e Letta aveva lavorato per mettere a punto il nuovo meccanismo, trova che «anche per il delicato tema della disabilità, i dati mi confortano rispetto al modo in cui abbiamo cercato di dare applicazione a una norma che non abbiamo scritto noi, ovvero al considerare reddito le indennità varie». L’unico punto a suo parere sottostimato nel report è l’incidenza che la norma ha avuto sulla scelta degli adulti con disabilità di staccarsi dal proprio nucleo famigliare per presentare una DSU come singolo e non come nucleo. È questa l’unica cosa in comune fra il commento della senatrice e quello – durissimo – di Bellini Palombini: «Il nuovo Isee avvantaggia gli adulti con disabilità motoria che vivono soli e penalizza pesantemente tutti gli altri, in particolare i disabili gravi: non vedo come il Governo possa presentare questi dati come un successo. L’evidenza empirica ci dice al contrario che questo Isee sta creando povertà, rendendo troppo oneroso per le famiglie l’accesso ai servizi». Uno dei problemi oggettivi che Bellini Palombini denuncia è il fatto che diversi Comuni non hanno rivisto i loro “regolamenti”, mettendoli in sinergia con il nuovo strumento. «Prendiamo ad esempio i centri diurni ex articolo 26, che sono un servizio sociosanitario: se la famiglia non è in grado di compartecipare alla quota sociale, perde l’accesso anche alla parte riabilitativa, che pure è gratuita. È un fatto gravissimo».

Ma l’Isee non viaggia da solo

I tecnici ripetono che l’Isee è uno strumento per "ordinare" l'accesso e che i servizi e le politiche sono un’altra cosa. Avranno anche ragione, ma è in quell’insieme – non coordinato – che si moltiplicano i problemi. E su questo l’anlisi di Roberto Speziale, presidente di Anffas, è lucidissima: «Di per sé il dato della apparente positività del nuovo ISEE nei confronti delle persone con disabilità non consente di rimanere tranquilli». Anzi, Roberto Speziale parla di «una falsa rappresentazione delle vere e, purtroppo precarie, condizioni di vita delle persone con disabilità». Innanzitutto c’è il caso delle condizioni di pluridisabilità, che hanno fatto letteralmente schizzare verso l’alto l’Isee delle persone che ne sono affette: ad Anffas hanno visto «situazioni in cui da ISEE ristretto pari a zero si è passati, pur considerando le franchigie, ad un ISEE di 13mila euro, con le conseguenze negative per accedere alle prestazioni sociali agevolate», spiega Speziale.

Ma oltre a ciò che l’Isee rileva ci sono poi le scelte regionali e dei Comuni, che determinano le condizioni di accesso alle prestazioni: «Sono pochissimi i Comuni che hanno adeguato i propri regolamenti e da queste prime scelte si sta profilando un orientamento pericoloso: soglie di esenzione ridotte o addirittura pari a zero, percentuali di compartecipazione al costo elevate rispetto a livelli Isee molto bassi, prestazioni non considerate come sociosanitarie e ascrivibili quindi non all’Isee ristretto ma all’Isee ordinario». È il caso ad esempio della Lombardia, dove c’è un mancato rispetto della normativa vigente in materia di prestazioni sociosanitarie: «di conseguenza le prestazioni chiaramente sociosanitarie, ma non codificate come tali dalle scelte regionali errate, sono condizionate all’ISEE ordinario (familiare)».

Vincenzo Falabella, persidente di FISH, è soddisfatto per il fatto che «il nuovo Isee stani chi occultava patrimoni, a discapito di chi ha bisogno, ben venga questa maggiore selettività. Ma l’Isee così com’è non è equo perché nella valutazione della situazione economica deve entrare il fatto che la disabilità è un costo, non è possibile non tenerne conto, tutta l’equazione risulta falsata».

L’Isee in tribunale

A febbraio il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso presentato dalle famiglie di persone con disabilità contro il nuovo Isee, annullando la parte dell’articolo che inseriva tra i redditi anche le indennità a sostegno della disabilità. Il Governo però fino ad ora non ha dato seguito a quelle sentenze: l’Inps continua a calcolare le provvidenze economiche per invalidità civile che invece il Tar ha dichiarato non computabili, generando Isee più alti, mentre i vincitori dei ricorsi al Tar stanno tentando di presentare la DSU direttamente all’Inps, minacciando l’Istituto dei danni che dovessero generarsi per il mancato rilascio di Isee conforme alle sentenze. «Addirittura il Governo ha espresso la volontà di impugnare le tre sentenze del Tar Lazio, con la chiara conseguenza di continuare ad aggravare di giorno in giorno la situazione di caos e di iniquità», aggiunge Speziale. «Fino ad oggi però il Governo non l’ha fatto», attacca Bellini: «Il termine scade il 10 agosto, ma se ritiene di avere ragione perché non lo fa subito? Forse per fare cassa per qualche mese ancora?».


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