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Economia & Impresa sociale 

Ttip, domani NON si vota

Il Parlamento europeo domani non si riunirà in seduta plenaria per prendere una decisone su cui anche il G7 si è pronunciato favorevolmente. Troppi gli emendamenti presentati. Decisivo anche il milione e settecentomila che hanno già firmato la petizione per chiedere alla Commissione lo stop ad un accordo caratterizzato da una certa opacità e troppe ombre

di Monica Straniero

«Accelereremo tutto il lavoro sui temi del Ttip, assicurando progressi sui punti fondamentali del trattato, con l’obiettivo di arrivare ad un accordo preferibilmente entro la fine dell’anno», si legge nella bozza del comunicato finale del G7.

Così alla vigilia del voto del 10 giugno, il giorno in cui il Parlamento europeo avrebbe dovuto riunirsi in sessione plenaria a Strasburgo per discutere e approvare la Risoluzione sul Transatlantic Trade and Investment Partnership, i leader del mondo, con Matteo Renzi in prima fila, hanno ribadito quanto necessario e importante sia per Stati Uniti e Unione Europea concludere i negoziati di un accordo di partenariato transatlantico, il Ttip per l’appunto, che porterà degli indubbi vantaggi per entrambe le Regioni, sia in termini occupazionali che economici. Il trattato coinvolge i 50 stati degli Stati Uniti d’America e le 28 nazioni dell’Unione Europea, per un totale di circa 820 milioni di cittadini. La somma del PIL di Stati Uniti e Unione Europea corrisponde a circa il 45 per cento del PIL mondiale (i dati sono del Fondo Monetario Internazionale aggiornati al 2013). Si tratta dunque, non fosse altro che per il suo impatto globale potenziale, di un trattato di importanza storica. La Commissione europea si aspetta un impatto positivo dello 0,4% medio annuo sul Pil del Vecchio continente fino al 2027 e dello 0,5% per quello americano.

Nel frattempo un milione e settecentomila europei hanno già firmato la petizione per chiedere alla Commissione lo stop ad un accordo caratterizzato da una certa opacità e molte ombre. E non è difficile capire perché. Come indica l’acronimo Ttip, gli interessi in gioco vanno ben al di là di un semplice accordo commerciale e toccano vaste aree non correlate al commercio.

La votazione è stata rinviata questa sera per l'accumulo di tropppi emendamenti (circa 200). Intanto cerchiamo di capire di cosa si tratta.

Le materie oggetto delle trattative riguardano infatti l’abolizione delle barriere non tariffarie, ossia la definizione di standard comuni, per cui prodotti testati e certificati in un continente lo saranno automaticamente anche nell'altro. Ma armonizzare le norme significa anche abbassare le tutele, almeno su quei fronti in cui l’Unione europea ha una legislazione più avanzata. «Dalla sicurezza degli alimenti, ai cosmetici, dalle norme sulla tossicità, all’assicurazione sanitaria, dal prezzo dei medicinali, al salario minimo, fino alla protezione della privacy, esistono delle differenze tra le leggi, le procedure e le normative in vigore nelle due sponde dell’Atlantico che non possono essere ignorate». È quanto sostengono i promotori della Campagna Stop Ttip, una coalizione internazionale che solo in Italia riunisce oltre 250 organizzazioni della società civile. «Oltretutto il Ttip è un trattato iniquo dove sono gli Stati Uniti a dettare le condizioni, che avrà come ulteriore effetto quello di allargare le disuguaglianze sociali e accresce il potere delle multinazionali», ha più volte ammonito il premio Nobel Joseph Stiglitz.

A poco sono servite le rassicurazioni più volte espresse da Cecilia Malmström, Commissario europeo per il commercio, secondo la quale l'abolizione dei dazi doganali e la riduzione delle formalità burocratiche favorirà le Piccole e medie imprese europee che vogliono esportare negli Usa, un’economia che vale 27 milioni di aziende americane. E riguardo allo spauracchio del pollo al cloro, la stessa Malmström non ha dubbi. «La Commissione Europea è da tempo molto chiara, dal Ttip non arriverà nessuna riduzione delle politiche e degli standard europei in materia di sicurezza alimentare. L’obiettivo che si intende raggiungere è quello di condividere solo i migliori standard, conoscenze e tecnologie di entrambe le parti».

Eppure è difficile immaginare che trattative avvolte fino a poco tempo fa dalla massima segretezza, possano adesso proseguire nella direzione della trasparenza. Tuttavia il Ttip non rappresenta un’eccezione alla modalità con cui sono condotti generalmente i negoziati internazionali di libero scambio. Tenere nascosti all’opinione pubblica, il più a lungo possibile, i cui contenuti dei trattati commerciali, limita infatti le probabilità di un suo fallimento.

Ora però la società civile comincia a fare resistenza. «Anche se l’Europa ha dichiarato che farà salva la clausola di precauzione in virtù del quale la Ue blocca l’importazione di carne bovina trattata con gli ormoni, chi ci dice che verrà rispettata?» Ad manifestare tutto il proprio scetticismo è Luisa Crisigiovanni, segretario generale Altroconsumo, l’associazione per la tutela e difesa dei consumatori più diffusa in Italia, e coordinatrice della campagna Stop Ttip Italia.

«Quello che chiediamo è che i diritti delle persone, dei lavoratori e dell'ambiente non vengano svenduti agli interessi delle lobby economiche. E domani 10 giugno, durante il voto a Strasburgo, la mobilitazione generale per cercare di rallentare il trattato, raggiungerà il suo apice con un'ondata di tweets ai parlamentari», sottolinea Monica Di Sisto, tra i portavoce della Campagna Stop TTIP Italia. «Insomma qual è il vero scopo del trattato: tutelare gli investitori e le multinazionali oppure creare più posti di lavori e nuovo benessere? Avere prodotti e servizi a prezzi più bassi ma quali rischi sull’ambiente, la salute e sicurezza in particolare dei cittadini europei?» Una bocciatura su tutta la linea arriva da Monique Goyesn, direttore Beuc, l’organizzazione dei consumatori europei. «La parte più controversa è la clausola Investor to State Dispute Settlement (Isds). In pratica un’azienda estera può rivolgersi ad un collegio arbitrale privato per denunciare il governo in cui esporta, e reclamare quindi danni e interessi, se teme che una nuova norma sia di ostacolo al libero scambio».

Ma non è di questo che si parla negli accordi. Per i leader del G7, «il Trattato coinvolge due paesi che insieme rappresentano la metà del Pil mondiale, e quindi rappresenta un'occasione unica per rafforzare la coesione economica e le relazioni politiche che esistono tra gli Stati Uniti ed Europa». In caso contrario, verrebbe da aggiungere, gli USA, un’economia in piena ripresa economica, potrebbero decidere di spostare i propri interessi commerciali su paesi come India, Giappone e Cina, con l’ulteriore rischio di estromettere l’Europa dalla seconda fase della globalizzazione e ritardarne l’uscita dalla crisi.

Eppure allargando la prospettiva oltre i confini di Usa ed Europa, rimane un quesito di fondo: È il Ttip il disperato tentativo dei due Regioni di preservare la propria egemonia mondiale contro l’ascesa della Cina? Che nel frattempo il 1 giugno ha firmato uno storico accordo di libero scambio con la Corea del Sud.

Fino a qualche mese fa le trattative si sono svolte in un ambito di assoluta segretezza. Solo Lo scorso 9 ottobre l’UE ha deciso di diffondere ufficialmente un documento di 18 pagine che contiene il suo mandato a negoziare.


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