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Il dopo Rana Plaza raccontato su Instagram

Raccolte su Instagram le foto che raccontano la vita di chi è sopravvissuto al crollo del Rana Plaza, dando un volto alle vittime del fast fashion

di Ottavia Spaggiari

Raccontano la storia che è rimasta nascosta, quella personale, di chi ha continuato a vivere dopo la tragedia del Rana Plaza, il gigantesco palazzo di Dacca, in Bangladesh dove migliaia di persone lavoravano per pochi centesimi, in condizioni disumane, per continuare a nutrire l’assetato mercato della Fast Fashion, la moda veloce, quella delle multinazionali, in grado di sputare fuori decine e decine di nuove collezioni all’anno, a prezzi stracciati.

Queste foto, pubblicate su Instagram, raccontano la storia di chi il 24 aprile 2013, al crollo del Rana Plaza è sopravvissuto e di chi, invece, ha perso fratelli, sorelle, genitori e figli, per far capire qual è davvero il costo della moda veloce. Un progetto sviluppato dal fotografo bengalese Ismail Ferdous, spinto a sviluppare l’idea, dopo un soggiorno di lavoro a New York, pochi mesi dopo il crollo del palazzo di Dacca. “Anche se amo molto New York, ero rimasto sconvolto da tutte le vetrine patinate dei negozi, dai cartelli che promuovevano sconti e saldi. Non riuscivo a non pensare alle etichette che avevo visto sotto le macerie, alle facce delle persone che avevano perso i propri cari e alle condizioni disumane di lavoro a cui sono costretti i lavoratori in Bangladesh”, ha raccontato Ferdous alla rivista TIME. “Non volevo che la gente scordasse il Rana Plaza e le sue vittime.” E’ così che insieme al regista Nathan Fitch, Ferdous ha lanciato la campagna The cost of fashion, le cui immagini sono state proiettate sui palazzi del Lincoln Center, durante la Settimana della Moda di New York e sulle vetrine di alcuni punti vendita di quelle catene di negozi che, ancora oggi, in alcuni casi, devono saldare i risarcimenti con le famiglie delle vittime.

Su Instagram, Ferdous ha recentemente lanciato After Rana Plaza, un account che, ogni giorno, pubblica la foto di qualcuno la cui vita è stata pesantemente colpita dal crollo del palazzo. “Questo progetto è molto personale,” ha spiegato Ferdous. “Siccome vivo in Bangladesh sono circondato da persone che sono toccate dall’industria della moda. Ogni giorno, per stada vendo centinaia di lavoratori che vanno in fabbrica al mattino e sono un costante ricordo del collasso.”

Finanziato parzialmente dall’ambasciata olandese, il progetto durerà un anno, in cui ogni fotografia verrà accompagnata da un audio, in cui le persone immortalate raccontano la loro vita dopo il Rana Plaza.

Risale solo a pochi giorni fa la notizia che annunciava, finalmente, il raggiungimento della quota prevista per il risarcimento delle vittime e delle famiglie. “Un risultato enorme”, così l’aveva definito la responsabile della campagna per i diritti dei lavoratori del tessile, Clean Clothes Campaign, che però continua a non essere abbastanza, basti pensare che, solo per ottenere i risarcimenti dalle grandi multinazionali coinvolte nel crollo, ci sono voluti più di due anni.

Foto cover: MUNIR UZ ZAMAN/AFP/Getty Images


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