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Il nuovo Isee è uno strumento migliore

Daniela Mesini (Irs) replica a Tiziano Vecchiato (Fondazione Zancan) a proposito del nuovo Isee. «L'Isee è uno strumento di valutazione e di ordinamento, non ragioniamo addossandogli responsabilità non sue»

di Daniela Mesini

All’interno del dibattito che si è aperto a seguito della pubblicazione dei dati relativi ai primi tre mesi di applicazione del nuovo Isee, ci scrive Daniela Mesini, Vicedirettore dell’Area politiche e servizi sociali e sanitari dell’ IRS. «Mi sembra importante fare chiarezza sulle prerogative e il significato dell’Isee, che è uno strumento di valutazione e di ordinamento, rispetto a responsabilità non sue», dice. Anche dal suo osservatorio «la disabilità risulta una popolazione avvantaggiata dal nuovo strumento. Tutto è perfettibile, ma sono stati fatti grossi passi in avanti rispetto al passato, peraltro all’interno di un percorso molto partecipato». Ecco di seguito il suo contributo.

L’ISEE è uno strumento di misurazione e ordinamento della condizione economica delle famiglie (potenziali) beneficiarie di prestazioni sociali "agevolate". È cioè strumento del cosiddetto universalismo selettivo: universalismo in quanto a titolarità dei diritti ma selettività nell’offerta delle prestazioni sulla base della condizione economica. È stato introdotto più di 15 anni fa (D.Lgs. 109/1998 poi modificato dal D.lgs. 130/2000, etc.), applicato a macchia di leopardo e ora riformato per renderlo più equo e più selettivo.

Il nuovo ISEE continua a rimanere una combinazione di reddito e patrimonio valutata a livello familiare. Mettendo mano ai metodo di calcolo, ad esempio includendo i redditi fiscalmente esenti e valorizzando il patrimonio, si è però migliorata la selettività dell’indicatore, come già evidenziato dai dati di monitoraggio delle DSU presentate nel primo trimestre di applicazione dello strumento.

Il nuovo ISEE permette anche una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni, quindi da adesso in poi non esisterà più un unico ISEE per famiglia ma più ISEE in funzione delle prestazioni che saranno effettivamente richieste. Questo in risposta ad una delle antiche critiche di estrema rigidità dell’indicatore, che hanno dato adito al proliferare di correttivi e di nuclei di riferimento ‘variamente estratti’.

Altra novità è che il nuovo ISEE tiene conto della disabilità e della numerosità familiare, la prima in conto reddito, la seconda attraverso maggiorazioni della scala di equivalenza in presenza di particolari carichi familiari. Peraltro la decisione di equiparare i costi della disabilità (o meglio la possibilità di detrarre spese e franchigie) in funzione del livello di fragilità, ma indipendentemente dalla condizione economica, consente di superare la distorsione precedente che vedeva più ‘avvantaggiate’ le famiglie economicamente più benestanti, a parità di disabilità, dal momento che agire sul denominatore (con maggiorazioni della scala) ha un effetto moltiplicatore sul numeratore e dunque sul reddito.

Quindi i presupposti del nuovo ISEE non sono certo quelli di ampliare le diseguaglianze.

Non è e non deve essere prerogativa dell’ISEE nemmeno quella di valutare il bisogno, esso è stato pensato, è e deve rimanere uno strumento neutro, di misurazione della condizione economica della famiglia e deve diventare lo standard di base (livello essenziale delle prestazioni) che tutti gli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate sono tenuti ad utilizzare per ‘ordinare’ in base ad una condizione economica univoca le famiglie potenziali beneficiarie delle proprie prestazioni.

Non è e non deve essere prerogativa dell’ISEE quella di valutare il bisogno: esso è e deve rimanere uno strumento neutro.

Daniela Mesini

Altra storia è la sua applicazione a partire, auspicabilmente, da un suo recepimento/regolamentazione regionale o almeno di ambito che fornisca indicazioni omogenee ai territori, ad esempio rispetto al campo di applicazione delle diverse tipologie di ISEE (ordinario, socio-sanitario, ecc.), o alle modalità per accertare l’assenza di rapporti economici ed affettivi tra persone ai fine ISEE o ancora rispetto a quali trattamenti assistenziali, anche consistenti in erogazioni monetarie non dovrebbero essere inclusi nei calcolo dei redditi ISEE, perché svolgono la funzione di sostituzione di servizi.

La valutazione del bisogno è tutta appannaggio del servizio sociale o degli enti erogatori più in generale che devono mettere mano alle soglie di accesso alle prestazioni e/o alla compartecipazione ai costi, tenuto conto della distribuzione passata e attuale della loro utenza e delle possibili ricadute in termini di maggiore/minore spesa dell’amministrazione. Peraltro gli enti erogatori hanno anche la facoltà di prevedere, accanto all’ISEE, criteri aggiuntivi che tengano conto di situazioni di particolare bisogno o necessità di ulteriore selezione della platea di beneficiari.

La valutazione del bisogno è tutta appannaggio del servizio sociale o degli enti erogatori. Altra storia è la sua applicazione a partire da un suo recepimento/regolamentazione regionale, che fornisca indicazioni omogenee ai territori.

Daniela Mesini

Sono tanti i Comuni che, anche con l’accompagnamento di IRS, stanno procedendo in questo senso attraverso simulazioni attente per verificare l’impatto del nuovo ISEE. È a queste valutazioni di politica pubblica che, non essendo ancora disponibili in maniera completa ed esaustiva sul territorio le nuove DSU sui beneficiari in carico, il monitoraggio trimestrale del ministero può fornire indicazioni utili e rappresentative di tendenze in atto, alcune delle quali inequivocabili.

Daniela Mesini, Vicedirettore dell’Area politiche e servizi sociali e sanitari dell’IRS, economista esperta di Isee, politiche redistributive, disuguaglianza e povertà; svolge attività di ricerca, accompagnamento e formazione ai territori.


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