Economia & Impresa sociale 

L’ombra dello Shadow banking sulla finanza globale

Si è arrivati alla conclusione che il sistema bancario tradizionale e quello ombra hanno la stessa rilevanza sistemica, dato che il primo ha creato il secondo al fine di aggirare le restrizioni in materia di riserva di capitale. In particolare la Banca Centrale Europea ha più volte messo in guardia gli stati membri sui cosiddetti “rischi shadow”

di Monica Straniero

Durante la crisi finanziaria, l’economia globale si è trovata ad affrontare una serie di sfide senza precedenti per restituire credibilità ad un sistema bancario che spinto da logiche di profitto a breve termine ha dimenticato che l’attività di intermediazione presuppone capacità di gestione dei rischi e non il loro sistematico trasferimento ai mercati finanziari. E così tra la riforma delle banche popolari, un Quantitative Easing tardivo che potrebbe rivelarsi inefficace, i tentativi da parte delle autorità di vigilanza europea per definire controlli più stringenti al fine di prevenire difficoltosi salvataggi di colossi finanziari da scaricare sui contribuenti, si rischia di sottovalutare il fenomeno dello shadow banking.

Parliamo di operatori non bancari, che conducono operazioni simili a quelle di una banca tradizionale. Entità con legislazione scarsa o assente, quali ad esempio i fondi speculativi non regolamentati, gli ormai noti hedge fund, i fondi monetari, i veicoli fuori bilancio, (Siv), insieme a tutta l’attività di cartolarizzazione, che sono stati il motore dello spettacolare sviluppo del mercato del credito. In sostanza Trattandosi di operatori che sfuggono alla regolamentazione, e di conseguenza a quelle regole che impongono requisiti patrimoniali e di liquidità più elevati, si è riconosciuto alle banche non banche il merito di aver provveduto a fornire credito a lungo termine al settore privato mentre le banche riducevano i loro finanziamenti, in una stretta creditizia che ha pochi precedenti. Non è un caso che dopo il crollo della Lehman Brothers, le attività dell’intermediazione finanziaria esterna al sistema bancario, pur se tra le cause della crisi, abbia registrato tassi di crescita costanti. E mentre in Italia secondo le ultime stime della Banca d’Italia, l'intermediazione non bancaria con caratteristiche di shadow banking ammonta a 400 miliardi di dollari (18,4% del Pil) a fine 2013, comincia farsi strada la necessità da parte delle autorità centrale di intervenire in un settore che, al di là degli effetti benefici sulla ripresa economica, potrebbe mettere a rischio la stabilità finanziaria internazionale.

Nella sostanza, si è arrivati alla conclusione che il sistema bancario tradizionale e quello ombra hanno la stessa rilevanza sistemica, dato che il primo ha creato il secondo al fine di aggirare le restrizioni in materia di riserva di capitale. In particolare la Banca Centrale Europea ha più volte messo in guardia gli stati membri sui cosiddetti “rischi shadow” di natura sistemica di soggetti che si finanziano soprattutto con capitale di debito. Bisogna poi mettere in contro che gli operatori dello shadow banking si affidano soprattutto a forme di finanziamento a breve termine, e di conseguenza risultano più esposte al rischio di liquidita, vale a dire il rischio di non essere in grado di raccogliere le disponibilità necessarie per soddisfare le domande di prelievo dei depositanti o il pagamento dei creditori.

Per capire quali passi intraprendere nella direzione di una complessa riforma di un settore che per sua natura sfugge alle regole, risulta perciò fondamentale l’esito della consultazione pubblica lanciata dall’Autorità Bancaria Europea, e che si è conclusa lo scorso 19 giugno, per la definizione dei criteri per l’introduzione di adeguati limiti alle esposizioni degli enti creditizi verso i soggetti del sistema bancario parallelo. E valutare in questo modo fino a che punto l`insolvenza o il fallimento di uno o più di banche ombra potrebbe determinare generalizzati fenomeni di insolvenze o fallimenti a catena a livello globale.


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