Cooperazione & Relazioni internazionali

Patto tra istituzioni e associazioni per salvare i profughi-bambini

Intervista ad Andrea Cozzolino, eurodeputato del Partito democratico e membro della delegazione dell’europarlamento per le relazioni con i Paesi del Mashreq.«La missione nella missione, per noi europei, deve essere aiutare chi soffre maggiormente: i bambini».

di Martino Pillitteri

Andrea Cozzolino è reduce da una missione in Libano, durante la quale ha potuto toccare con mano gli effetti del difficile quadro mediorientale, stretto tra l’avanzata dello Stato Islamico e la guerra in Siria, la cui destabilizzazione ha provocato – come è noto – un vero e proprio esodo dagli scenari di guerra alle aree limitrofe ritenute più sicure. Vita.it l'ha incontrato a Bruxelles.

Che impressione ha tratto, onorevole Cozzolino, dalla sua visita in Libano?
«Gli appelli alla chiusura delle frontiere per respingere i migranti e i bisticci tra nazioni europee sulla ripartizione delle quote non hanno senso, viste da un Paese come il Libano dove vivono un milione e duecento mila rifugiati siriani, a fronte di una popolazione di circa quattro milioni di cittadini libanesi».

Sul campo, qual è la situazione?
«In quanto membro della missione della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con i paesi del Mashreq, ho avuto in questi giorni, in occasione di una missione In Libano, la possibilità di incontrare, tra gli altri, Rachid Derbas, Ministro per gli Affari sociali del paese mediorientale. Abbiamo insieme convenuto che è prioritario accelerare sul progetto europeo per l’educazione nei campi profughi. La missione nella missione, per noi europei, deve essere aiutare chi soffre maggiormente: i bambini».

Effettivamente, poco si parla dei bambini. Ci si riferisce genericamente alla condizione dei profughi. Dispone di cifre in proposito?
«Secondo Unicef, almeno due milioni di bambini siriani vivono come rifugiati in Libano e in altri paesi della regione. Non possiamo lasciarli da soli. L’Unione europea è già impegnata nel sostegno ai disperati che fuggono dagli orrori della guerra (stanziati 3,6 miliardi di euro per l'assistenza umanitaria in Siria e nei campi profughi in Libano, Giordania, Turchia e Iraq) e aiuta il Libano negli sforzi compiuti nell’accogliere i rifugiati. Nella stessa direzione operano agenzie delle Nazioni Unite come Unhcr e alcune delle più importanti Ong. Serve, però, un piano coordinato, centrato sull’esigenza di dare un futuro a bambini e giovani che vivono nei campi profughi. E in questo sono lieto di poter parlare di questi argomenti su Vita, punto di riferimento autorevole – ormai da molti anni – per il non profit italiano ed europeo. Le istituzioni devono fare squadra con la rete delle associazioni impegnate nella salvaguardia e nella tutela dei minori e io intendo fare la mia parte in questo quadro. Sto valutando se vi siano i presupposti per un’interrogazione sul tema del profughi-bambini da sottoporre alla commissione europea. Quando si tratta di minori, infatti, non dobbiamo preoccuparci soltanto del fatto che possano contare su acqua e cibo. C’è il tema del rapporto con famiglia di ciascuno di questi ragazzi e la loro tutela da ogni possibile fenomeno di abuso».

Se è per questo, occorrerebbe un progetto di vita. I bambini non restano tali per sempre…
«È esattamente ciò che penso. I minori che sono stati costretti a scappare dal conflitto siriano vengono strappati dai luoghi d’origine e sono catapultati in una realtà che non offre né speranza né futuro. Se non mettiamo a disposizione dei più giovani percorsi d’istruzione e formazione adeguati, resteranno in balia delle illusioni fondamentaliste e diventeranno facile preda per gruppi organizzati e violenti. Il problema dell’accoglienza dei migranti va oltre la semplice accoglienza. Hanno bisogno di un progetto, di una prospettiva di vita degna di essere vissuta e, possibilmente, arricchita di opportunità. In concreto, uno degli obiettivi principali è sostenere il Libano, Paese che già vive in un contesto di precario equilibrio istituzionale, religioso e sociale e che, adesso, deve anche sopportare gli enormi numeri e le conseguenze del massiccio afflusso di profughi».

Sta descrivendo il Libano come una polveriera…
«Fino ad oggi, il Paese dei cedri è riuscito a mantenere un certo livello di coesione tra confessioni differenti, ma gli effetti del conflitto in Siria sono inevitabilmente destabilizzanti. A pesare non sono solo le difficili condizioni di vita dei profughi che scappano dalla guerra ma anche il precario rapporto tra rifugiati e popolazione locale. Se lasciato da solo, il Paese mediorientale potrebbe non reggere. Si scatenerebbe, da un lato, una nuova tragedia umanitaria e, dall’altro, sarebbero favorite le organizzazioni terroristiche».

Foto: getty images


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