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Quei 3mila ragazzi abbandonati ogni anni dallo Stato

Oltre 500 associazioni che si occupano di infanzia in Italia hanno chiesto al premier Matteo Renzi con un appello di intervenire, con i decreti attuativi del Job Act, per evitare la marginalizzazione dei giovani senza famiglia che al compimento della maggiore età, non trovano percorsi di inserimento lavorativo. «Uno spreco da 150 milioni di euro l'anno»

di Lorenzo Maria Alvaro

L'Italia ha un patrimonio di giovani “fuori famiglia” da valorizzare. Così s'intitola una appello a Renzi su un problema «molto grave, ma contenuto, che potrebbe essere efficacemente risolto nell'ambito dei decreti attuativi del Jobs Act: l’assenza di meccanismi che promuovano l'integrazione lavorativa e l'accompagnamento verso l'autonomia dei giovani neomaggiorenni provenienti da comunità di tipo familiare o famiglie affidatarie».

A scriverlo e promuoverlo Associazione Agevolando, Fondazione Domus de Luna, Terra dei Piccoli Onlus, Gruppo “#5buoneragioni per accogliere i bambini e i ragazzi che vanno protetti”, Cismai, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), il Coordinamento Nazionale Comunità per Minori (Cncm), Progetto Famiglia e SOS Villaggi dei Bambini. Realtà che in tutto raccolgono 500 associazioni che si occupano di infanzia in Italia.

«Sono circa 3200 i neomaggiorenni che ogni anno escono dai percorsi di accoglienza, le Comunità educative o di tipo familiare, le Case Famiglia e le famiglie affidatarie, di cui almeno duemila non rientra nella famiglia d'origine. Questo significa che ogni anno duemila giovani particolarmente vulnerabili, raggiunta la maggiore età, vengono lasciati completamente soli ed esposti al rischio di marginalizzazione e povertà», spiegano.

Una mancanza che dà vita ad una situazione inaccettabile, «che alimenta il circolo vizioso della marginalizzazione e vanifica gli effetti dell'investimento che lo Stato sostiene per promuovere la crescita individuale di ciascun bambino e adolescente senza o fuori famiglia. Ancora più ingiusta a fronte delle recenti evoluzioni giurisprudenziali in riferimento all'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli: nel 2012 la Corte di Cassazione ha confermato che tale obbligo sussiste anche se il figlio ha superato la maggiore età ma non ha raggiunto una situazione di indipendenza economica per motivi a lui non imputabili (Cassazione, sentenze n. 1773 dell’8 febbraio 2012, n. 2171 del 15 febbraio 2012 e n. 5174 del 30 marzo 2012)».

In allegato il documento elaborato dai rappresentanti dell'appello al premier che inquadra numeri e dimensioni del problemi e propone delle soluzioni. «Proposte concrete nell'ambito dei decreti attuativi del Jobs Act, in particolare quelli finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive e a quelli contenenti disposizioni di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese».

Le proposte sono state elaborate anche in collaborazione con la Sottosegretaria Franca Biondelli, sulla base di dati accuratamente raccolti e «includono, ad esempio, la possibilità di prevedere incentivi ai datori di lavoro per favorire l'inserimento di giovani di età compresa tra i 16 e 25 anni provenienti da percorsi di accoglienza, nonché di stabilire che gli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro siano defiscalizzati, con sgravio dei contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di quattro anni dalla data di assunzione».

I giovani “fuori famiglia” sono un patrimonio che merita di essere valorizzato, anche economico. «Stimiamo che questi interventi, se applicati stabilmente alla popolazione dei ragazzi in uscita dalle strutture d’accoglienza, in dieci anni possano produrre entrate e risparmi anni pari a 150 milioni di euro derivanti da reddito da lavoro e da minori interventi assistenziali diretti e indiretti», sottolineano le organizzazioni.


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