Attivismo civico & Terzo settore

Servizio civile, Bobba: «Stato e Regioni collaborino, ma senza indebite supplenze»

Il sottosegretario al Welfare replica al post di Claudio Di Blasi pubblicato sul blog di Vita "Leva Civica"

di Luigi Bobba

Ringrazio Claudio Di Blasi per la sua lanterna, prodigiosa, perché già mi sento molto più illuminato su un paio di punti. Il primo: nell’intervista a Vita.it ho parlato di rafforzamento dell’impostazione nazionale per il servizio civile universale, citando solo un esempio delle tante disfunzioni organizzative e non solo che discendono dai limiti dell’impostazione attuale, basata esclusivamente sul riparto dei fondi nazionali tra Stato e Regioni in un regime di sostanziale assenza di coordinamento e di condivisione di obiettivi e di criteri di buona gestione. Problemi cui ad oggi abbiamo posto rimedio grazie alla disponibilità di vari Assessori regionali, primo tra tutti quello della Lombardia che siede nella Consulta Nazionale per il servizio civile. Ma mi accorgo leggendo Di Blasi che i guasti del regime attuale possono diventare anche culturali, scoprendo che in Lombardia sono stati elaborati criteri di gestione autoctoni ed autoreferenziali, che comprendono la capacità di elaborare progetti dimensionati accuratamente sulle risorse disponibili. Se poi il Governo “malauguratamente” trova risorse aggiuntive – come è accaduto con i 50 milioni inseriti nella legge di stabilità – questo fatto positivo, diventa per Di Blasi un problema. Se penso che la Lombardia è solo una delle Regioni italiane, posso immaginare che altri criteri magari diversi ma senza un Di Blasi ad elencarli siano stati elaborati anche in altre realtà regionali, magari con contenuti meno auto compiaciuti e soddisfatti. Considerazioni queste che mi portano a dire che aumentare la differenza tra servizio civile universale e i vari servizi civici o civili regionali, definiti da leggi regionali e finanziati con fondi regionali può essere una misura non solo saggia ma necessaria. Anche perché il servizio civile universale si configura in un contratto tra lo Stato e i giovani che accettano di impegnarsi, ed è bene che chi sottoscrive un contratto sia nelle condizioni migliori di dire esattamente cosa, in che tempi, con quali obiettivi chiede ai giovani e alle ragazze di prestare servizio. Il che non significa ritorno allo “statalismo”, ma un modello di governance del servizio civile universale che preveda il coinvolgimento delle Istituzioni regionali e locali con modalità partecipative, in forma coordinata e sinergica, ma senza indebite supplenze o spazi di manovra che ricadano in modo negativo sul funzionamento dell’intero sistema.

La seconda cosa che imparo alla luce della lanterna offertami è che la contaminazione dei modi contemporanei di riferire ed affrontare problemi che possono emergere, non basati sull’analisi delle singole situazioni ma sulla ricerca immediata del colpevole, è arrivata anche a chi, occupandosi di servizio civile, dovrebbe ritenersi investito da un compito di testimonianza di modi ”civili”, ragionevoli, attenti nell’ affrontare anche le pagine negative. Il Dipartimento non ha atteso la segnalazione offerta con accenti di scandalo e sdegno da Di Blasi per inviare ispezioni e provvedere alle necessarie verifiche della situazione, per trovare prima di tutto la soluzione migliore per i giovani che hanno aderito ai progetti dell’Ente in questione, ma anche per capire perché i controlli effettuati (che il Dipartimento dispone regolarmente e che le Regioni invece non sempre fanno) a varie riprese non avevano permesso di capire la gravità del problema. Per parte mia sto lavorando ad inserire, tra i cambiamenti della riforma, anche l’introduzione di un modello di controllo e monitoraggio dell’attività degli Enti più efficace di quello in uso, per evitare che situazioni del genere si possano ripetere in futuro. Anche i criteri, le modalità e le forme dell’accreditamento sono destinate a cambiare, nella visione di un servizio civile universale capace di aumentare i momenti di partecipazione e di confronto tra tutti i soggetti interessati – Stato, Enti, giovani, regioni ed istituzioni locali – ma anche il livello di assunzione di responsabilità, di visibilità, di verificabilità di ciò che avviene negli Enti e con i giovani. Per questo la riforma non si fermerà all’introduzione del termine “universale”, ma rivedrà in profondità anche il sistema di governo del servizio civile che deve essere sempre di più nazionale ed europeo. E Di Blasi, con la sua prospettiva tutta localistica e l’animosità presa da altri mondi verso lo “Stato” e quelli che cercano di servirlo – me compreso – ha offerto dimostrazione che più chiara non potevo sperare della correttezza delle linee su cui il Governo e la maggioranza si muovono. E’ già molto per una sola lanterna.


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