Solidarietà & Volontariato

Il Sostegno a Distanza prova a diventare solidarietà di vicinanza in Italia

Un nuovo progetto di ForumSaD per rispondere all’aumento della povertà in Italia e per «realizzare solidarietà tra le persone, portare rapporti di vicinanza umana e far scaturire da questo un nuovo concetto di coesione sociale e di welfare», ha spiegato il coordinatore Vincenzo Curatola

di Vittorio Sammarco

Il Sostegno a Distanza “emigra” in Italia, e da solidarietà attiva in lontananza, rivolto a persone – in particolare minori – nelle regioni in via di sviluppo, ora prova a diventare una solidarietà di vicinanza. Così, con un piccolo accenno “provocatorio” (visti i fatti recenti di intolleranza verso gli immigrati) Vincenzo Curatola, coordinatore delle 117 associazioni che fanno parte del Forum permanente per il Sostengo a distanza, ha presentato oggi alla Camera il nuovo progetto (la “sfida”, l'ha chiamata).

Siamo il Paese europeo con la più alta povertà infantile (nel 2013 erano 1 milione 434mila, poco più di un milione nel 2012); e i numeri ci dicono anche che l'incidenza della povertà assoluta è aumentata negli ultimi anni dal 6,8% al 7,9%, e in particolare nel Mezzogiorno (dal 9,8 al 12,6%).

Ed è proprio nelle regioni Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Sardegna e Basilicata si muoverà il nuovo progetto dal titolo impegnativo: “Reti di sostegno a distanza costruiscono comunità solidali che rigenerano welfare”, perché, appunto, secondo Curatola, «portare il sostengo a distanza anche in Italia vuol dire realizzare solidarietà tra le persone, significa portare rapporti di vicinanza umana e far scaturire da questo un nuovo concetto di coesione sociale e di welfare». Un welfare che non sia residuale, ha sostenuto Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato e componente della Commissione affari sociali della Camera, che proprio in questi giorni di emergenza chiama tutti ad una grande «assunzione di responsabilità, per una partita che non può essere vinta solo dalle associazioni».

La campagna del Sad coinvolge 36 associazioni meridionali, gli Enti locali per il sostegno a distanza, la Fondazione E'bbene, Fondazione Roma solidale, Ministero dell'istruzione, Ministero delle politiche sociali, oltre alla Fondazione con il Sud che ha finanziato il progetto. Saranno previste azioni per facilitare i rapporti e la capacità di sviluppare alleanze e impegni tra le Reti del Sad e altre Reti “etico/solidali”, costituendo coordinamenti locali; sarà estesa la “card del sostenitore” già sperimentata in Campania; saranno sperimentati anche in altre regioni gli “incubatori di progetti Sad” che funzionano in Campania, Basilicata e Sardegna, favorendo sinergie tra organizzazioni diverse che nel territorio si occupano dei cittadini vulnerabili e delle nuove povertà; avviando, tra le altre cose, progetti di microcredito.

Tutte le attività saranno indirizzate a «suscitare, sviluppare e qualificare il volontariato locale, con incontri di formazione e attraverso una campagna mediatica che valorizzi le esperienze dei territori e delle Reti».

Il progetto ha ricevuto il consenso convinto di Stefano Zamagni, noto fautore e cultore dell'economia civile, secondo il quale ci sono almeno tre ragioni per difendere e sostenere un'iniziativa come questa del Sad.

Le principali. La prima: l'aiuto che il Sad elargisce è antipaternalista. Avviene, cioè, nel rispetto delle identità dei portatori di bisogno. Rispetto è più che tolleranza. L'identità è più che il patrimonio di diritti. Se «ti sfamo ma ti porto via dagli affetti familiari – dice il professore bolognese – dopo creo un altro bisogno».

Seconda. Il Sad è pro-sviluppo, perché cerca di scongiurare la fuga dei cervelli, che vale sia per il caso internazionale sia per quello italiano. Oggi emigrano proprio i più qualificati, e questo diventa un ulteriore fattore di impoverimento del Paese di origine. Terzo. Il Sad contribuisce a risolvere, «se mai riusciremo a farlo», il problema dei flussi immigratori, che hanno due componenti fondamentali: chi scappa da violenze o per mancanza di libertà, e sono soprattutto le notizie di questi giorni; ma la percentuale più alta appartiene alla categoria che è formata da chi emigra per cercare lavoro. E sono i dati in assoluto più alti. Per questo, per l'economista, il valore dell'adozione a distanza, spesso indirizzata a progetti specifici di formazione e di avviamento al lavoro, è rilevante.

Ma proprio per questo Zamagni lancia una frecciata alle istituzioni. E rileva: Nel Piano triennale sulla Cooperazione internazionale (un documento ancora in bozza di 58 pagine) quando si parla di «coinvolgere nuovi attori», sono dedicata a questo profilo pochissime righe, senza citare né il Sad né espressioni analoghe. «Chi può intervenga a colmare questa lacuna», afferma con forza Zamagni.


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