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Qui Atene: se in realtà non c’è nulla da esultare

Dopo la vittoria del no al referendum, la situazione rimane delicatissima, per i cittadini ma anche per le imprese per cui lavorare è diventato difficilissimo, a raccontarlo Dimitris Kokkinakis il fondatore di Impact Hub Atene , la prima sede greca del network globale di innovatori sociali, Impact Hub

di Ottavia Spaggiari

Giornate che hanno tutto il sapore di uno shock. Così descrive il clima che si respira ad Atene, dopo il fortissimo Oxi, no, gridato ai creditori europei dal popolo greco, Dimitris Kokkinakis il fondatore di Impact Hub Atene, la prima sede greca del network globale di innovatori sociali, Impact Hub. “Per noi questo dovrebbe essere il momento della riflessione, della presa di coscienza, ma in realtà non c’è nulla da esultare.” Spiega Kokkinakis. “Avendo una liquidità molto limitata, i consumi si sono ridotti, il rischio della stagnazione è alto, vi sono aziende che non riescono a pagare i dipendenti e la cosa più pericolosa è l’instabilità. Non solo in termini politici. Per le aziende lavorare in questi giorni è difficilissimo, non sappiamo cosa succederà in futuro, quindi programmare sul lungo periodo è davvero complicato, soprattutto per chi, come noi, lavora con altri partner europei. Per fare un esempio dovevamo ricevere, proprio in questi giorni, un finanziamento grosso, che però è stato bloccato. La situazione è delicatissima.” E sentire queste parole da uno come Dimitris Kokkinakis, fa riflettere, perché questo ragazzo di neanche trent’anni è uno che di situazioni delicate e sfide complesse, ne ha viste parecchie. Nel 2013, a 25 anni, nel pieno della crisi, Kokkinakis aveva deciso di lasciare il suo lavoro sicuro in Austria per tornare a casa, e aiutare gli imprenditori sociali del suo Paese a crescere, scommettendo sul terzo settore. “Restare è difficile, a volte sembra quasi che non vi sia altra scelta che andarsene. Ma io rimango convinto che il fatto di essere tornato a casa sia stata la decisione giusta.” Spiega Kokkinakis, che nelle posizioni politiche governative vede però il limite del rischio di una deriva populista e una vecchia retorica, ma che riesce ancora a vedere l’aspetto positivo. “La cosa davvero positiva è che non vi è mai stato un dibattito così acceso. E’ come se fossimo riusciti a dare una scossa ai cittadini e questo è un ottimo punto di partenza per attivare la società civile. Il terreno non è mai stato così fertile per chi si occupa di innovazione sociale, ci sono davvero opportunità enormi però vanno raccolte in fretta.” Spiega Kokkinakis. E tra chi partecipa di più al dibattito, sembrano esserci proprio i più giovani.

“Oxi, oxi, oxi, No, No, No, è questo tutto quello che avevamo da dire,” ha raccontato al Guardian, Roula Apostolou, una studentessa arrivata davanti alla sede di Syriza. “Quello che avete sentito è la voce del popolo, la rabbia degli dei.” E anche la rabbia di un’intera generazione. Secondo gli analisti il grande no, sarebbe infatti l’espressione di un’intera generazione di ventenni e trentenni, che dall’ingresso in Europa hanno assistito all’impoverimento costante del Paese e all’incremento della disoccupazione, basti pensare che quella tra i giovani sotto i 25 anni ha raggiunto il 55%. Secondo il Guardian il referendum avrebbe visto circa 108.371 neodiciottenni votare per la prima volta. “Il voto dei più giovani ha giocato un ruolo fondamentale,” ha dichiarato Aristides Hatzis, professore associato di economia all’Università di Atene.

“Io e i miei amici abbiamo tutti votato no, perché onestamente non crediamo di avere nulla da perdere.” Spiega Babis Kotsos, 23 anni, barista della capitale. “So che il no è un rischio, ma credo che sia più che altro un rischio per loro. Non ho mai creduto nemmeno per un secondo che ci sbattano fuori dall’Europa. Credo che debbano arrivare ad un compromesso, un accordo accettabile, che faccia i conti con il nostro debito, che sia fattibile e che funzioni.” Una sostenitrice del no, anche Katerina Arvanitis, 24 anni e un master in sociologia appena completato. “Ho appena conseguito la mia seconda laurea e non ho assolutamente nessuna possibilità di lavoro, praticamente mi dicono che devo emigrare,” racconta, “ma voglio rimanere qui e aiutare il mio Paese. Certo che abbiamo bisogno di riforme, ma non di queste misure estreme, queste sono la morte.”

Come Katerina Arvanitis, sono milioni i giovani e i meno giovani che in Grecia hanno deciso di rimanere. “Il referendum è una dichiarazione del popolo greco rispetto al proprio futuro e all’Europa che desidera”, spiega Dimitris Kokkinakis. “Questo è molto importante ma adesso dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare insieme per trovare delle soluzioni nuove, non c’è tempo da perdere.”

(Photo by Christopher Furlong/Getty Images)


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