Politica & Istituzioni

Becchetti: «Ci serve una fabbrica di capitale sociale. Il Governo si sblocchi»

L’economista e docente all’Università di Roma “Tor Vergata” interviene sull’affaire della legge delega, «si tratta di una riforma capitale. Creerebbe una palestra di cooperazione fondamentale e darebbe nuova linfa all’economia sociale e civile»

di Lorenzo Maria Alvaro

La riforma del Terzo Settore, tanto attesa e da un anno messa in pista dal Governo si sta insabbiando al Senato. L'ulteriore slittamento del termine per la presentazione degli emendamenti decisa dalla presidenza della Commissione Affari Costituzionali del Senato dopo 9 mesi di dibattito parlamentare è un segnale preoccupante.

«La prima cosa da dire è che il Governo dovrebbe avere una via di mezzo. Prima delle elezioni regionali voleva fare molte cose senza ascoltare nessuno, certe volte anche sbagliando come sulla riforma delle banche popolari», sottolinea l’economista Leonardo Becchetti, «adesso invece sembra il contrario, sembrano paralizzati e senza più la volontà di portare a casa anche quelle cose buone che erano state fatte fino ad oggi».

Sulla riforma Becchetti ha le idee chiare: «È importante che si porti a casa il risultato. Ci sono in ballo questioni importante. Penso al Servizio Civile Universale che sarà un fabbrica di capitale sociale che a questo Paese oggi manca. Una palestra di cooperazione che sarà fondamentale nella vita economica e sociale del futuro. Basta pensare alle trattative europee di questi giorni».

Ma non solo. «L’altro tema fondamentale è la possibilità per le imprese sociali di fare utile e remunerare i soci. Significa che il Terzo Settore potrà attirare capitali solidi, di investitori in cerca magari di un rendimento basso ma sicuro e a lungo termine, riducendo in questo modo la cronica sottocapitalizzazione delle imprese sociali».

Una riforma importante per il Paese: «può portare grande giovamento all’economia sociale e civile che oggi più che mai ha bisogno di attingere a più fondi di finanziamento per non restare imprigionata in un rapporto col pubblico sempre più soffocante e che costringe l’impresa sociale a partecipare ad appalti al massimo ribasso che rischiano di metterne in discussione la reputazione», ha concluso Becchetti.


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