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Ramonda (Papa Giovanni XXIII): i giovani chiedono opportunità non cannabis

Giudizi nettamente negativi sulla proposta di legalizzazione della cannabis arrivano dal responsabile generale della Comunità fondata da don Benzi e da Mineo, presidente del Ceis don Mario Picchi.

di Antonietta Nembri

È amara la constatazione di Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII davanti alla notizia dei 218 parlamentari – di diversi schieramenti – che hanno presentato un proposta di legge per la legalizzazione della cannabis.
«Incredibile che di fronte ad una generazione giovanile che chiede opportunità di studio, di lavoro e abitative per costruirsi un futuro i nostri parlamentari si trovino uniti nel rendere più agevole e legale l'uso di droghe» dice Ramonda che bolla come «un’assurdità» il solo «pensare di controllare l’uso delle droghe legalizzandolo».

Ramonda prosegue il suo ragionamento che offre anche un parallelismo con il gioco d’azzardo: «Proporre che lo Stato legalizzi e magari tragga profitto dall'uso di droghe per poi finanziare percorsi di recupero è perversione ideologica. L'esperienza con il gioco d'azzardo ci indica che le dipendenze aumentano e i costi sociali sono altissimi. Legalizzare l'uso di droghe, o la prostituzione come vorrebbe Salvini, significa rendere socialmente accettate e condivisibili attività che creano danni enormi alla persona e alla società».

Secondo il responsabile della Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, chi ricorre alle droghe esprime un disagio che va colto in profondità e «non può essere banalizzato per ottenere qualche voto in più». E conclude «Anziché offrire cannabis, i nostri parlamentari offrano un modello coerente: rinuncino ai privilegi, cerchino davvero il bene comune a partire dai più deboli, agiscano con onestà e trasparenza anche quando c'è da pagare di persona. Allora si spezzerà quel clima di disillusione che aleggia tra i giovani e si offriranno opportunità di impegno e di speranza anziché addormentare le coscienze con la cannabis».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Roberto Mineo, presidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi che bolla come «demagogica e disastrosa» la nuova proposta di legalizzazione della cannabis, «rischia di minare alla base la coesione sociale del Paese. In questo momento» continua Mineo «l’Italia ha bisogno di un cambio di passo da parte della politica che rimetta al centro di ogni azione la persona umana con i suoi inalienabili diritti e non i proclami populistici e liberisti che non porteranno nulla di positivo se non una maggiore insicurezza e profondi conflitti sociali. Per questo motivo noi ci dichiariamo contrari alla liberalizzazione dell'uso di droghe di qualsiasi genere».

Anche per Mineo la legalizzazione delle droghe leggere «avrà lo stesso effetto negativo del fenomeno del gioco d'azzardo e la crescita di nuove forme di povertà e di criminalità. Per questo motivo credo doverosa una riflessione da parte di chi è in Parlamento prima di prendere decisioni che rischierebbero altrimenti di aggravare ulteriormente la complessa situazione sociale ed economica in Italia».

Per il presidente del Ceis, infine, «tutto questo, se dovesse diventare legge, avrà un alto costo sociale soprattutto perché aprirà idealmente la porta al consumo di droghe più pesanti e devastanti. In tale contesto, non può assolutamente passare l’idea che una consuetudine pur se sbagliata, come l’uso di cannabis, debba diventare legge».

In apertura foto di Chris Jackson/Getty Images)


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