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Cittadinanzattiva: «Lo stop della riforma è una delusione. E al Senato cose assurde»

A parlare è Anna Lisa Mandorino, segretario generale vicario dell’organizzazione, che non ha dubbi: «alla Camera era uscito un testo positivo, poi si è voluta mettere troppa carne al fuoco senza audizioni e stravolgendo il senso alla legge»

di Lorenzo Maria Alvaro

Anche Cittadinanzattiva interviene sullo slittamento a settembre che la Riforma del Terzo Settore ha subito al Senato. A parlare è il segretario generale Vicario, Anna Lisa Mandorino.

Cosa pensa di quello che è successo al Senato alla legge delega?
Noi abbiamo seguito con molta attenzione l’iter della Riforma. Era il tentativo di fare un po' d'ordine in una situazione molto caotica. Questo rallentamento non ci fa piacere. Soprattutto per i proclami che ne avevano accompagnato l’incipit. Aver visto un iter veloce e partecipato alla Camera ha reso questo brusco stop, per altro senza quasi audizioni, veramente sconcertante. Ci sono poi cosa che ci hanno veramente lasciato allibiti

Può fare qualche esempio?
Uno su tutti. All'articolo primo della legge si parla di esclusione dei sindacati dal perimetro del Terzo Settore. Al Senato però tra i pochi auditi c'erano proprio i sindacati. Una vera e propria assurdità.

Come si spiega secondo lei questo paludamento?
In questa riforma si sono volute mettere troppe cose e alla fine, per un motivo o per l’altro, nessuno si riconosce in questo testo. Il mondo dell'impresa sociale non è soddisfatto perché è un testo poco coraggioso, il mondo del volontariato invece teme che con l'apertura all'impresa sociale si vada fuori dalla definizione classica di gratuità. Insomma sembra una riforma che non piace propria a nessuno. Il tentativo che è stato fatto, di riordinare questo mondo, si scontra con la foga di fare troppo. Il ritardo probabilmente è un modo per diluire la riforma e fare in modo che alla fine non passi, non vada a termine. Almeno non con le ambizioni che aveva originariamente.

Mi sembra di capire che siete scontenti sia dello stop che del testo della riforma?
Abbiamo apprezzato lo sforzo. Ma, ad esempio sulla definizione del Terzo Settore, la forma trovata è a nostro avviso troppo generica. Non riesce a risolvere il problema di cosa ci sia veramente in quel perimetro. C’è poi stata tanta differenza tra il testo dela Camera e quello del Senato. Alla Camera si diceva che la riforma fosse tutta basata sulla valorizzazione del art. 118, ultimo comma. Sembrava che il tema portante fosse l'iniziativa dei cittadini finalizzata all'interesse generale. Eravamo naturalmente molto contenti. Questa cosa però in Senato è stata messa totalmente in subordine. Hanno stravolto tutto il senso e hanno cancellato gli aspetti secondo noi molto positivi del testo uscito alla Camera. Una grande delusione.

Ci sono altri punti sensibili?
Non ci convince la questione della trasparenza. Eravamo stati netti, soprattutto in tempi di Mafia Capitale: era importante che anche le organizzazioni di cittadinanza attiva si abituassero al fatto di essere trasparenti e a fare rendicontazione. È quello che il terzo settore chiede sempre al pubblico. Il fatto che di questo non ci sia più traccia nella riforma è un grave limite.


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