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«La crisi del Sud può essere una grande opportunità »

Vincenzo Linarello, presidente del Gruppo Cooperativo Goel, reagisce ai dati Svimez che in questi giorni hanno suscitato tanto plemiche: «Certamente la crisi, soprattutto del pubblico si è sentita nel Mezzogiorno. Ma ha anche generato una vitalità imprenditoriale che non c'era prima della crisi. Ma per poterla vedere non bastano i dati macroeconomici, bisogna scendere sui territori»

di Lorenzo Maria Alvaro

Nei gironi scorsi erano stati divulgati i dati del Rapporto Svimez 2015. Un fotografia impietosa di un Sud che «tra 2000 e 2013 è cresciuto la metà della Grecia». Secondo l'“Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno” il rischio sono «la desertificazione industriale e il sottosviluppo permanente». Un'analisi che però, dopo lo shock iniziale, è stata duramente contestata sia dal Governo che da diversi addetti ai lavori. Vincenzo Linarello, presidente del Gruppo Cooperativo Goel da anni attivo in Calabria chiarisce subito, «io non ho letto il rapporto e non credo di essere la persona giusta per commentare quei numeri. Quello che è certo è che questo quadro a tinte così cupe non trova conferma sul territorio».

È così drammatico il peggioramento della situazione al sud?
Non direi. Francamente non vedo sostanziali peggioramenti rispetto a ciò che già c'era…

E quindi qual è la situazione secondo la sua esperienza?
So che può sembrare strano ma io vedo invece una dinamica positiva. Bisogna però prima fare una premessa

Prego…
La crisi in generale e la riduzione notevole degli stanziamenti pubblici in particolare, hanno portato con sé delle indubbie conseguenze. Noi oggi nei territori vediamo per la prima volta ritardi nei pagamenti degli enti pubblici. Una novità assoluta se si pensa che al sud l'impiego pubblico era la sicurezza per eccellenza. Oggi invece il sistema vacilla. Ovviamente diminuendo l'afflusso di fondi del pubblico anche l'indotto, fatto in parte anche di imprese private, ne risente. Tuttavia ho letto il report che la Camera di Commercio ha fatto dell'economia calabrese. E vedo dei segni timidi di ripresa rispetto agli anni scorsi. Questo è un dato sensazionale.

Cioè al Sud ci sarebbe una ripresa economica?
È ancora troppo presto per parlare di riprese. Ma all'interno del territorio stiamo assistendo a qualcosa di più importante: il primo passo vero che viene fatto senza lo Stato, al di fuori della logica dell'assistenzialismo. La crisi dei fondi pubblici ha prodotto effetti negativi certamente. Ma ha anche innescato meccanismi virtuosi molto interessanti. C'è un fermento di piccola iniziativa privata spinta dall'istinto di sopravvivenza. Si comincia a ingegnarsi a chiedersi a cosa fare e a come farlo, indipendentemente dai contributi statali. E non è l'unico dato confortante

Che altro?
La ‘ndrangheta sta lasciando alcuni presidi storici. Penso ai comuni che versano in situazioni così tragiche che i mafiosi se ne allontanano. Ci sono così tanti problemi e così pochi soldi che per loro quei presidi non sono più interessante. Così si aprono spazi di iniziativa locale e democrazia molto interessanti. Proposte di cittadinanza attiva bellissimi.

Ma com'è possibile una distanza del genera tra la sua esperienza e i dati Svimez?
In termini macroeconomici può essere vero che ci sia una diminuzione forte del denaro, al sud sia per quanto riguarda il pubblico che il privato. Tuttavia dentro a questo quadro bisogna andare a vedere gli sviluppi locali. All'orizzonte si vedono segnali molto interessanti di vitalità, magari molto timida, ma di vitalità che io non vedevo neanche nei periodi di vacche grasse. Ma per poter raccontare questi fenomeni bisogna venire a vedere le cose sul campo.


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