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Cooperazione & Relazioni internazionali

Migranti, 400mila richieste d’asilo nei Paesi Ue nei primi sei mesi del 2015

Erano state 600mila in tutto il 2014. L'Unione europea chiede "sforzi congiunti dato che la crisi migratoria è globale, non di singoli Paesi", ma l'Austria minaccia il ricorso alla Corte di giustizia europea se non viene modificato il regolamento di Dublino che "non distribuisce equamente i profughi". L'ex ministro Riccardi: "Ora più che mai, corridoi umanitari".

di Redazione

Sono 400mila le richieste di asilo presentate all’Unione europea dal 1 gennaio al 30 giugno 2015: la previsione per la fine dell’anno è raggiungere il numero più alto di sempre, basti pensare che in tutto il 2014 le domande erano state 600mila. “La crisi migratoria è globale, non dei singoli Stati, per questo le azioni di solidarietà devono essere congiunte”, indicano a Bruxelles, confermando un prossimo incontro operativo in Grecia il 25 e 26 agosto per trovare una soluzione alle situazioni esplosive sulle isole, toccate dal numero di arrivi più alto di sempre (50mila sbarchi nel solo mese di luglio), “probabilmente creando dei centri di smistamento in cui individuare già chi ha diritto alla protezione internazionale e chi no”.

Nel frattempo, con il muro “anti migranti” che in Ungheria che sta crescendo ogni giorno su decisione governativa ma che non blocca le migliaia di persone in arrivo dalla Serbia dopo aver superato la Bulgaria o la Macedonia, spesso a piedi, è l’Austria che fa la voce grossa contro la Ue, minacciando di ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione se non viene modificato il regolamento di Dublino riguardo alla domanda di asilo, che secondo il governo austriaco “porta a farsi carico dei profughi solo 10 Stati europei invece di una distribuzione più equa”.

Ma una revisione di Dublino, in realtà, non è nei piani più urgenti della politica Ue sull’immigrazione, la cui agenda prevede la ridistribuzione fra gli Stati di 40mila profughi (26 mila dall’Italia, 14 mila dalla Grecia) e il rafforzamento economico delle attività dell’Agenzia per il controllo delle frontiere, Frontex, mentre del regolamento tanto contestato – anche in Italia, per via dell’obbligo di richiesta di asilo nel primo paese di approdo anche per chi vorrebbe andare altrove – si farà una valutazione generale solo nel 2016.

La gran parte dei migranti, sottolinea Frontex, sbarcano sulle isole greche dell'Egeo o varcano il confine della Bulgaria meridionale. Da Frontex spiegano che "le prime tre nazionalità di migranti a seguire questa rotta sono Siria, Afghanistan e Iraq", scenari di guerra di questi anni. "Per molti anni – precisa l'agenzia europea – molti migranti che entravano in Europa via mare, partivano dalla Libia, punto di incontro delle rotte dei migranti dal Corno d'Africa e dall'Africa occidentale prima di imbarcarsi verso l'Europa". E invece i primi sei mesi del 2015 hanno mostrato, secondo i dati di Frontex, un vero e proprio cambio di rotta. E a dimostrarlo sono i recenti sbarchi e disordini sulle isole greche, a partire da Kos, dove la maggior parte dei migranti arriva dalla Siria passando dalla Turchia. Allo stesso tempo Frontex rileva una diminuzione del numero di siriani in partenza dalle coste libiche, in particolare a febbraio e a marzo. Secondo l'agenzia Ue "questo può essere dovuto alla situazione sempre più instabile in Libia e al fatto che Egitto e Algeria hanno aumentato i requisiti per il rilascio del visto per i siriani. In passato i due Paesi sono stati utilizzati come paesi di transito verso la Libia". La Turchia, invece, precisa l'agenzia europea, "non ha tali requisiti per i visti ai cittadini della Siria", che preferiscono, quindi, "entrare in Europa attraverso la Grecia e Bulgaria".

Nel frattempo, in mare si continua a morire (ieri hanno perso la vita 5 profughi siriani il cui barcone è affondato nei soli 4 chilometri che separano Bodrum, Turchia, dall’isola di Kos), e tra le varie reazioni si segnala quella dell’ex ministro italiano alla Cooperazione e presidente della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi: “Ora più che mai è necessaria l’istituzione di corridoi umanitari, per esempio in Marocco e in Libano, per evitare che i profughi finiscano nelle mani degli scafisti”, ha sottolineato.


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