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Famiglia & Minori

Papa Francesco: sacralità della festa, dignità del lavoro

La vita non è un desiderio senza senso. La vita ha bisogno - afferma Papa Francesco - di dignità e libertà, di lavoro e di festa. La vita ha bisogno di uno spazio sacro e di un ritmo non corrotto. La famiglia è oggi il banco di prova di questa sfida, che riguarda l'intera comunità

di Marco Dotti

Pane e poesia

La grande pena del lavoro – scriveva Simone Weil – "consiste nel fatto che si è costretti a sforzarsi per tante ore soltanto per esistere". Lo sforzo, osservava la Weil, non deve essere costretto dalla necessità, ma indirizzato al bene.

Ecco perché "i lavoratori hanno bisogno di poesia, più che di pane, bisogno che la loro vita sia poesia". I lavoratori chiedono pane e dignità, ma nel profondo del loro animo – osservava la filosofa – chiedono di poter andare altrove, verso una meta comune. Il dramma del lavoro alienato e alientante è tutto in questa mancanza di un altrove, ridotto tutt'al più a un surrogato, il profitto, o a un idolo, il denaro. Vista così, la vita non ha senso, è solo "sforzo di Sisifo per esistere".

La vita non è un desiderio senza senso

Bisogno di poesia significa qui che "la vita non è un desiderio senza senso", come si è espresso Papa Francesco nel messaggio a firma del Cardinale Parolin per il XXXVI Meeting per l'amicizia dei Popoli, che si è aperto oggi a Rimini. E per non essere senza senso, questo desiderio ha bisogno di riconoscere che "il dramma di oggi consiste nel pericolo incombente della negazione dell’identità. della dignità della persona umana. Una preoccupante colonizzazione ideologica riduce la percezione dei bisogni autentici del cuore per offrire risposte limitate che non considerano l’ampiezza della ricerca di amore, verità, bellezza, giustizia che è in ciascuno. Tutti siamo figli di questo tempo e subiamo l’influsso di una mentalità che offre nuovi valori e opportunità, ma può anche condizionare, limitare e guastare il cuore con proposte alienanti che spengono la sete di Dio".

Lavoro, in un'accezione ristretta, può essere considerato come "attività umana volta alla produzione di un prodotto". Inutile ribadire che, anche nei suoi richiami al lavoro così inteso, Papa Francesco ci invita a leggere nel lavoro una prospettiva antropologica, di ecologia integrale umana, ben più ampia che coinvolge l'umano proprio perché ne forma o deforma la dignità.

Proprio a questa dimensione radicante, ma aperta del lavoro si riferiva don Luigi Giussani quando ricordava che "il lavoro è il porsi della nostra identità dentro la materialità del vivere". È questa materialità – anche in termini di habitat ecosociale – a essere al centro della grande rilettura operativa e critica di Papa Francesco. Una materialità che nell'Enciclica Laudato si’ possiamo cogliere nel esso tra degrado ambientale e degrado umano e etico. C'è una correlazione tra queste due manifestazioni di un degrado che passa inevitabilmente per la corruzione a particulare, a utile, della "vocazione universale del lavoro" (così lo definisce la Laborem exercens, 9) e dalla riduzione a edonismo della festa, elemento che nell'antropologia cristiana definisce non solo l'otium (in correlazione al nec-otium), ma anche lo spazio (la domenica, il culto), che permette di orientare ritmicamente il ritmo di un'esistenza.

Tempo del lavoro, tempo della festa

La festa e il lavoro sono elementi complementari nello spazio del sacro e del sociale e – come già insegnava San Tommaso – di contro alla festa abbiamo l'accidia, la negazione di ogni desiderio autentico dell'uomo e, di contro al lavoro, abbiamo la frenesia e lo sfruttamento. La festa è oggi degradata a azzardo, ludico senza gioco. Il lavorò è alienato dalla riduzione dichiarata o latente in schiavitù. Il vero tempo della festa e del gioco, ha ricordato il Papa, è tempo sacro.

Il vero tempo della festa sospende il lavoro professionale, ed è sacro, perché ricorda all’uomo e alla donna che sono fatti ad immagine di Dio, il quale non è schiavo del lavoro, ma Signore, e dunque anche noi non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma “signori”. C’è un comandamento per questo, un comandamento che riguarda tutti, nessuno escluso! E invece sappiamo che ci sono milioni di uomini e donne e addirittura bambini schiavi del lavoro! In questo tempo ci sono schiavi, sono sfruttati, schiavi del lavoro e questo è contro Dio e contro la dignità della persona umana! L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita, perché la vita ha i suoi ritmi umani. Il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale, è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende. E invece vediamo che l’ideologia del profitto e del consumo vuole mangiarsi anche la festa: anch’essa a volte viene ridotta a un “affare”, a un modo per fare soldi e per spenderli. Ma è per questo che lavoriamo? L’ingordigia del consumare, che comporta lo spreco, è un brutto virus che, tra l’altro, ci fa ritrovare alla fine più stanchi di prima. Nuoce al lavoro vero, consuma la vita. I ritmi sregolati della festa fanno vittime, spesso giovani.

Papa Francesco, Udienza generale, mercoledì 12 agosto 2015

Sugli "elementi" della festa e del lavoro Papa Francesco si è concentrato nelle ultime udienze generali, dedicate alla famiglia. Non si vive di solo lavoro, dignità nel lavoro la vita rischia di diventare priva di legami e di senso. E che cosa accade se "il ritmo sregolato della festa" invade lo spazio del lavoro e lo consuma? Ma non solo il tempo della festa, anche il “lavoro è sacro, il lavoro dà dignità a una famiglia – ha affermano Papa -. E dobbiamo pregare perché non manchi il lavoro in una famiglia”.

A volte chi progetta è interessato alla gestione di forza-lavoro individuale, da assemblare e utilizzare o scartare secondo la convenienza economica. La famiglia è un grande banco di prova. Quando l’organizzazione del lavoro la tiene in ostaggio, o addirittura ne ostacola il cammino, allora siamo sicuri che la società umana ha incominciato a lavorare contro se stessa!

Papa Francesco, Udienza generale, mercoledì 19 agosto 2015

Eppure, oggi più che mai, in un mondo piegato da idolatrie sottili, non meno che da idoli tangibili (cfr. la meditazione mattutina del 6 giugno 2013), questa vita appare collocata in un habitat che suoi elementi portanti, il lavoro e la festa. E proprio la festa e il lavoro sono gli "elementi complementari" di questa vita umana ricca di senso, capace di cogliere la sfida della "mancanza", su cui Papa Francesco si è concentrato in nell'udienza generale del 12 e del 19 agosto. Un terzo elemento – la preghiera – sarà oggetto della riflessione del 26 agosto.

Così, il 20 marzo 2014, davanti agli operai e ai dirigenti delle acciaierie di Terni, davanti a una contingenza dura e drammatica, Papa Francesco aveva infatti ricordato che "il lavoro, riguarda direttamente la persona, la sua vita, la sua libertà e la sua felicità. Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità. La dignità dell’uomo è collegata al lavoro".

L'alienazione è letta da Bergoglio come distacco. Il lavoro non può, né deve essere staccato dalla sua dimensione di alleanza creaturale, pena "l'avvililimento dell'anima che contamina tutto: l'aria, l'acqua, l'erba, il cibo". La grande lezione di Papa Francesco sulla corruzione come "cancrena del cuore" – "il corrotto puzza", ha più volte ribadito – viene qui sintetizzata in termini ancora più chiari, perché di sistema: Ecco allora che

quando il lavoro si distacca dall’alleanza di Dio con l’uomo e la donna, quando si separa dalle loro qualità spirituali, quando è in ostaggio della logica del solo profitto e disprezza gli affetti della vita, l’avvilimento dell’anima contamina tutto: anche l’aria, l’acqua, l’erba, il cibo… La vita civile si corrompe e l’habitat si guasta. E le conseguenze colpiscono soprattutto i più poveri e le famiglie più povere. La moderna organizzazione del lavoro mostra talvolta una pericolosa tendenza a considerare la famiglia un ingombro, un peso, una passività, per la produttività del lavoro. Ma domandiamoci: quale produttività? E per chi?

Papa Francesco, Udienza generale, mercoledì 19 agosto 2015

Che fare

Il tema della famiglia è il grande tema del legame, del radicamento, della materialità e di una vita che ha un desiderio radicato nel senso. Il tema della famiglia – evitiamo i sempre facili riduzionismi – è, qui, il grande tema della communitas, del popolo. Nel nucleo della famiglia si giocano infatti i conflitti dell'oggi, una congerie di lacerazioni, ma anche la grande sfida. E la grande sfida – quella contro ciò che Simone Weil chiamava "le gros animal", la "Bestia sociale" asettica, funzionale, ma apocalittica – è tra generazione e degenerazione, tra vitalità vs. corruzione, tra frenesia di consumo o apatia edonistica vs. capacità di immergersi in un tempo altro – il tempo della festa, il tempo del lavoro, il tempo della grazia – rispetto al tempo malato e virale dell'utile per l'utile.

Le comunità, per il tramite delle famiglie cristiane – ribadisce il Papa – "ricevono da questa congiuntura una grande sfida e una grande missione. Esse portano in campo i fondamentali della creazione di Dio: l’identità e il legame dell’uomo e della donna, la generazione dei figli, il lavoro che rende domestica la terra e abitabile il mondo. La perdita di questi fondamentali è una faccenda molto seria, e nella casa comune ci sono già fin troppe crepe! Il compito non è facile. A volte può sembrare alle associazioni delle famiglie di essere come Davide di fronte a Golia… ma sappiamo come è andata a finire quella sfida! Ci vogliono fede e scaltrezza". Ci vuole santa furbizia, contro il "gros animal".


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