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Politica & Istituzioni

Renzi: l’Italia deve ripartire. Anche con la riforma del terzo settore

Il premier, applauditissimo a Rimini, non lusinga i ciellini e marca la distanza dal berlusconismo che ha bloccato l'Italia per 20 anni. Ora per ripartire serve valorizzare chi costruisce dal basso, anche facendo ripartire la riforma del terzo settore

di Gabriella Meroni

Un Renzi in grande forma, acclamato dalla platea del Meeting, a cui tuttavia confessa candidamente che «non ci voleva venire» per evitare i soliti titoli in politichese, e davanti alla quale non si mostra accondiscendente nè cerca il facile applauso, ma non lesina aneddoti personali e ovviamente la sua visione di come il nostro paese unico al mondo e «da tutto il mondo atteso» potrà ripartire.

Non sono uno di voi
Renzi marca la distanza con i presidenti del Consiglio che l'hanno precededuto al Meeting: non è venuto per arruffianarsi i ciellini, sottolinea subito di «non essere uno di loro» e sostiene che le quattro domande rivoltegli dal professor Giorgio Vittadini – che riguardano l'Italia, l'Europa, il Mediterraneo e la pace – sono «più difficili dei titoli del Meeting». Ma il suo atteggiamento è tutto tranne che distante: definisce il tema della kermesse «una chiamata alla responsabilità personale» a cui non vuole sottrarsi, e racconta di come incontrò, da liceale scout, un prete di CL – oggi ad ascoltarlo tra il pubblico – che lo convinse addirittura a partecipare a una vacanza comunitaria in Trentino. Come a dire: non vi lusingo, ma mi metto in gioco. Una presa di posizione apprezzata dalla platea, che in gran parte ignorava questi trascorsi.

Vent'anni persi a litigare
Ma Renzi non rinuncia a un'altra presa di distanza: quella dai vent'anni di berlusconismo e antiberlusconismo – che proprio al Meeting, come altrove, avevano spesso trovato una vetrina – che secondo lui hanno bloccato l'Italia, emarginandola dal resto d'Europa. «Abbiamo assistito alla trasformazione della seconda repubblica in una rissa permanente ideologica che ha smarrito il bene comune», ha detto il premier, «e mentre il mondo correva siamo rimasti fermi alle discussioni sterili interne. Dopo 20 anni, le riforme del governo sono un corso accelerato per andare avanti». Venendo al presente, Renzi ha stigmtizzato allo stesso modo il rischio di rimanere ancora una volta fermi al palo per colpa di quelli che ha definito «i provincialisti della paura», quelli che vogliono bloccare l'Italia per tre giorni – chiaro il riferimento a Matteo Salvini – quando l'Italia «ha solo bisogno di ripartire». E sull'immigrazione ha ribadito il dovere di salvare vite umane e di accogliere i profughi, anche per evitare di «soccombere ai terroristi che vogliono che viviamo nel terrore e nel dubbio che il nostro vicino è un nemico. Un approccio culturale devastante che ci consegna alla logica dei muri, che invece di difenderci ci imprigionano».

L'Italia costruita dal basso
Infine, rispondendo a una domanda di Vittadini che lo sollecitava a valorizzare i corpi intermedi e la libertà dei cittadini che dal basso hanno tradizionalmente contribuito al bene comune, Renzi ha fatto un importante accenno alla riforma del terzo settore, assicurando che il governo la porterà a compimento. «Il governo darà attenzione a questa legge», sono state le sue parole, che arrivano dopo sette mesi di silenzio e riaccendono i riflettori su una riforma rimasta a lungo bloccata in Parlamento. «Dobbiamo richiamarci alla positività del reale», ha detto il premier utilizzando un linguaggio caro al mondo ciellino. «L'Italia la fanno ogni giorno centinaia di migliaia di persone per bene che svolgono il proprio lavoro, e il compito dello stato non è costruire chissà quale sistema per irrigimentarle ma lasciarle libere di realizzare quella bellezza che l'Italia ha prodotto per secoli e che è apprezzata in tutto il mondo».


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