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Cooperazione & Relazioni internazionali

Le lobby farmaceutiche godono di ottima salute

Investimenti in ascesa, trattamenti privilegiati e affari a porte chiuse. Un report smaschera le dinamiche e i rapporti tra i gruppi di interessi dell'industria farmaceutica con l'elite politica europea.

di Martino Pillitteri

La ricetta che le lobby dell’industria farmaceutica prescrive per salvaguardare la salute delle finanze dei propri clienti è circa 15 volte più cara rispetto a quella degli attori della società civile che lavorano per la salute pubblica. Ma soprattutto garantisce un accesso privilegiato al processo decisionale come la partecipazione a gruppi di consulenza e incontri con i decision maker delle istituzioni europee. Come dire: mentre il malato comune aspetta il proprio turno al pronto soccorso, le lobby vanno direttamente in sala operatoria e si fanno operare dal primario.

Un esempio? La EFPIA (Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche ) ha portato a casa più di 50 incontri con la Commissione Juncker durante i primi quattro mesi e mezzo del proprio mandato. Lo rivela lo studio “Big money and close ties behind Big Pharma's Brussels lobby efforts” (Tanti soldi e legami stretti, gli sforzi lobbistici dell’industria farmaceutica a Bruxelles) redatto e pubblicato da Corporate Europe Observatory, una onlus la cui mission è quella di esporre l’influenza delle lobby nei confronti dell’ establishment europeo che conta.

L'influenza della lobby farmaceutica è in grado di rendere sempre più sottile la linea che separa il legislatore dai diretti interessati. «Questo rapporto quasi cooperativo» sostiene Yannis Natsis della TransAtlantic Consumer Dialogue, «rende vano il lavoro dei controllori indipendenti che svolgono sui nuovi farmaci e sul loro costo». Tradotto in pratica, l’industria farmaceutica, attraverso l’intermediazione delle lobby, sta cercando essenzialmente di rendere più semplice e breve il percorso di sviluppo dei farmaci, ovvero passare dai test clinici all’ approvazione del prodotto da parte degli organi competenti tagliando le “regulatory barriers” in modo tale da soddisfare il proprio modello di business. Secondo lo studio, questa dinamica minaccia l'interesse pubblico sulle questioni di accesso ai medicinali, costi dei farmaci e sicurezza, solo per citarne alcuni.

Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, le grandi aziende farmaceutiche utilizzano sofisticati metodi di comunicazione e di relazioni pubbliche. Un esempio è quello di un linguaggio che mette sullo stesso piano gli obiettivi di lucro delle aziende private con i benefici sulla salute pubblica. Questo avviene attraverso l'uso onnipresente di termini e slogan come "Innovazione", "Ricerca Basata sulla Ricerca del settore" (anche se la maggior parte delle ricerca avviene nelle università finanziate dai contribuenti), e "Diritti di Proprietà Intellettuale", che in realtà non sono diritti, ma piuttosto, privilegi di monopolio concessi dai governi che consentono di far salire i prezzi.

Dietro il termine “Innovazione”, specifica lo studio, si nasconde un qualsiasi nuovo farmaco sul mercato che non ha alcun valore terapeutico aggiuntivo rispetto ai farmaci gia presenti sul mercato. Così "innovazione" viene a significare la vendita di nuovi farmaci, e non la scoperta e la porduzione di nuovi trattamenti.

Foto Getty


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