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Asili nido: rette stabili ma i posti sono ancora pochi

Cittadinanzattiva nel suo report annuale monitora i servizi comunali per la prima infanzia. Mandare un bimbo al nido costa in media 311 euro al mese. Lecco si conferma la città più cara, Catanzaro la meno cara, Cosenza in un anno ha raddoppiato le tariffe. E la frequenza? inchiodata al 12%. Per questo serve ripensare il modello, all'insegna di una maggiore flessibilità

di Redazione

Tariffe stabili, ma troppi bimbi ancora in attesa di un posto. Lecco è la città capoluogo più costosa (515 euro al mese), Catanzaro la meno cara (100 euro), Cosenza quella che ha visto un incremento record fra il 2013/14 e il 2014/15 (+117,3%). Sono solo alcuni dei dati della “Indagine 2015” di Cittadinanzattiva elaborata dall’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ogni anno fornisce un quadro delle spese sostenute dalle famiglie italiane per i servizi pubblici locali.

Mandare il proprio figlio al nido comunale costa in media 311 euro al mese, un costo che incide del 12% sulla spesa sostenuta ogni mese da una famiglia media italiana di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200 € e relativo Isee di 19.900 €. La retta varia in maniera consistente da una regione all’altra ma anche tra le province di una stessa regione. La regione più costosa è la Valle D’Aosta (440 euro), quella più economica la Calabria (164 euro) che, rispetto al 2013/2014, ha però registrato l’incremento più consistente (+18%) a livello nazionale. Rispetto all’anno scolastico 2013/14, solo in 14 capoluoghi di provincia sono stati riscontrati aumenti delle rette di frequenza, aumenti che vanno dal +0,5% di Trieste al +117,3% della già citata Cosenza.

Chiediamo di rilanciare nel dibattito pubblico italiano l'adeguamento alle esigenze, anche economiche, delle famiglie italiane del servizio educativo per la prima infanzia

Tina Napoli

In Italia abbiamo complessivamente 273.579 posti disponibili negli asili nido, di cui il 59% (162.913 posti) è offerto da strutture pubbliche e il 41% (110.666 posti) da strutture private. Gli asili nido pubblici sono 3.978, quelli a titolarità privata sono 5.372: complessivamente in Italia il 42% dei nidi sono pubblici ed il 58% privati.

Secondo gli ultimi dati Istat, usufruisce del servizio di asilo nido comunale poco meno del 12% dei bimbi fra 0 e 2 anni, ben lontani da quel 33% indicato come obiettivo dall’Unione Europea. Il dato varia però dal 24,8% dell’Emilia Romagna al 2% della Campania. Inoltre, un bambino su cinque resta in attesa di un posto nel nido comunale, con punte del 67% in Basilicata e del 51% in Valle D’Aosta. Disparità notevoli ci sono anche nelle ore di frequenza: l’87% dei capoluoghi garantisce il servizio a tempo pieno, ma città del Sud come Potenza, Matera, Bari, Brindisi, Lecce, Cagliari, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Crotone offrono solo l’orario ridotto di sei ore.

Ripensare il modello di servizio è urgente per permettere di frequentare l'asilo ad un maggior numero di bambini e a costi sostenibili

Tina Napoli

«Alla luce anche di quanto affermato dalla Commissione Europea nel 2013 con il documento "Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale", che raccomandava agli stati membri di adottare politiche dedite anche a promuovere l'accesso a servizi di qualità a un costo sostenibile, chiediamo di rilanciare nel dibattito pubblico italiano l'adeguamento alle esigenze, anche economiche, delle famiglie italiane del servizio educativo per la prima infanzia», dice Tina Napoli, responsabile delle politiche per i consumatori di Cittadinanzattiva. «È necessario prevedere una maggiore flessibilità per i servizi, una revisione degli orari, un'offerta integrata con le molteplici ma disomogenee esperienze di welfare aziendale e di soluzioni alternative. Ripensare il modello di servizio è urgente per permettere di frequentare l'asilo ad un maggior numero di bambini e a costi sostenibili».

Photo by Matt Cardy/Getty Image


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