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L’amianto al Festival Internazionale di Venezia

Presentato E.T.E.R.N.I.T. il cortometraggio firmato da Giovanni Aloi nella sezione Orizzonti che racconta di Ali, un immigrato tunisino che lavora per bonificare il distretto ceramico di Sassuolo in cui l’amianto ricopre i tetti di molti capannoni.

di Monica Straniero

Mentre a pochi metri dal vecchio palazzo del cinema si trova ancora la “buca all'amianto”, al Palazzo della Biennale viene presentato E.T.E.R.N.I.T. il cortometraggio firmato da Giovanni Aloi, in concorso alla 72^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti. Nel distretto ceramico di Sassuolo, una zona industriale in cui l’amianto ricopre i tetti di molti capannoni, Ali, un immigrato tunisino lavora nella bonifica della fibra killer.

«La sceneggiatura di E.T.E.R.N.I.T. è stata scritta dopo numerose interviste agli operai di un’azienda specializzata in bonifiche di amianto e l’attore scelto per il ruolo di protagonista è uno di loro, le cui vicende quotidiane hanno ispirato profondamente il nostro lavoro”. Il film è una commistione tra pura ripresa del reale e drammatizzazioni estremamente crude; il cantiere non è stato ricostruito, abbiamo filmato, con difficoltà tecniche e rischi per la troupe, la bonifica di un’industria reale».

Dopo il corto “A passo d’uomo” dove il protagonista è un padre separato, cassaintegrato dell'Ilva di Genova e costretto a vivere in automobile, il regista bolognese affronta la delicata questione amianto. E non si tratta solo dell’incredibile vicenda della prescrizione alla condanna dell’industriale svizzero dell’Eternit per il disastro ambientale che ha causato negli anni 70-80, soprattutto nella città piemontese di Casale Monferrato, ma di un’emergenza globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo muoiono ogni anno tra le 110 e le 150 mila persone a causa dell’amianto. In Italia sono circa 21 mila i tumori provocati da esposizione all’amianto e rilevati a partire dal 1992, anno in cui è entrata in vigore la legge che ha messo al bando l'amianto. Una fibra invisibile ad occhio nudo, versatile e a basso costo, che nel trentennio compreso tra il 1950 e la fine degli anni ’70 del secolo scorso, è stato usato massicciamente nell’edilizia industriale e in quella civile per coibentare le tubazioni o usato in pannelli da isolante termico. “Eternit” era il suo nome commerciale più diffuso, al punto da poter oggi essere considerato come un vero e proprio sinonimo di cemento-amianto. Un materiale che se risulta danneggiato (come il cattivo stato di conservazione) può rilasciare una polvere bianca potenzialmente pericolose (cancerogene) per l’apparato respiratorio umano.

Dal dopoguerra al 1992, l'Italia è stato il secondo paese produttore di amianto, dietro la ex Unione Sovietica, con circa 4 milioni di tonnellate di amianto grezzo e ne ha importati 2 milioni di tonnellate. Il Ministero dell'ambiente, in collaborazione con L'Istituto Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni sul Lavoro (Inail) e le regioni, ha censito 38mila siti contaminati, di cui 35 ancora da bonificare. Molti di questi si trovano nel Sud Italia. Ed è proprio in una zona industriale del meridione, nel distretto di Sassuolo dove l’amianto ricopre ancora i tetti di molti capannoni, che Aloi ha girato la sua storia. Perché se in passato erano i giovani meridionali ed essere sacrificati nel nome del progresso, oggi invece sono gli immigrati ad essere i lavoratori privilegiati nelle opere di bonifica perché immediatamente disponibili, quasi indifferenti sui rischi a cui potrebbero andare incontro, attratti dall’idea di un visto regolare. Come Alì che ogni giorno sale sui tetti dei capannoni contaminati, mentre sua moglie e sua figlia sono in Tunisia in attesa dei documenti che possano permettere alla famiglia di ricongiungersi.

«E poi c’è il problema dello smaltimento dell’amianto», aggiunge Aloi. In Italia mentre si è in attesa del via libera al Piano Nazionale sull'amianto, l’unica tecnica utilizzata è quella della discarica. L’amianto essendo un minerale, sottoterra torna al suo stato naturale. Eppure in tutto il Paese aumentano le discariche abusive, piuttosto che. Questo perché, come denunciato da Legambiente, il prezzo medio di discarica, che comprende sia l’Iva che l’ecotassa, in alcune Regioni può raggiungere anche i 630 euro. Sempre più spesso si preferisce esportarlo all’estero, nelle profondità delle ex miniere di sale della Germania dell’Est, con enormi costi di trasporto e bonifica. E vista la quantità enorme di amianto ancora presente, le operazioni di bonifica dureranno molto e molti saranno i lavoratori esposti al rischio.


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