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Cooperazione & Relazioni internazionali

La Danimarca che sbarra le porte

Con un annuncio uscito sui giornali libanesi il governo di Copenaghen fa sapere di aver adottato misure molto restrittive nei confronti dei rifugiati. Così il mitizzato paese delle libertà si trasforma in fortezza

di Anna Spena

Non tutto il Nord Europa si muove come la Germania. C’è chi fa clamorosamente eccezione e nonostante la propria fama di paese tollerante abbassa le saracinesche. È la Danimarca, che per chiarire bene a tutti le proprie intenzioni ha comprato spazi sui giornali libanesi (paese che accoglie più di un milione di profughi siriani) per spiegare di aver «deciso di rendere più rigide le regole che si applicano ai rifugiati».

La stampa libanese viene quindi usata dalle autorità di Copenaghen in funzione dissuasiva. Nell’annuncio uscito, su quattro giornali, lunedì 8, in arabo e in inglese, a cura del Ministero per l’Immigrazione e l’Integrazione danese, si spiega che il governo danese ha significativamente ridotto i fondi destinati ai rifugiati, che sono stati tagliati del 50%. Si avverte che il riavvicinamento famigliare è vietato per il primo anno di permanenza per chi ha ottenuto un permesso temporaneo. Inoltre si dice che è obbligatorio, per chi riuscisse a restare, imparare la lingua danese.

Già 1 luglio scorso la ministra dell’integrazione Inger Støjberg in una conferenza stampa aveva annunciato i tagli affermando: «Speriamo che l’effetto di questa norma sia la riduzione delle domande d’asilo in Danimarca».

Nel 2014 sono state presentate 15mila domande di asilo, circa il doppio del 2013. Ed è uno dei fattori che hanno portato alla vittoria dei partiti di destra alle elezioni del giugno scorso con la destra conservatrice del Partito del Popolo arrivata al secondo posto con il 21% dei voti. Alla fine il partito è rimasto fuori dalla coalizione di governo, ma a quanto pare ha ottenuto quel che cercava: alzare i muri.

Nella foto, il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen


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