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Alzheimer e demenze, Milano sperimenta il modello olandese

Nell'ambito del progetto europeo MeetingDem, a Milano hanno aperto due Centri di Incontro, che si rivolgono a pazienti con un decadimento cognitivo lieve e ai loro familiari. La Fondazione Don Gnocchi è fra i promotori. Il modello sono i Meeting Centers di Rose-Marie Dröes. I risultati? Meno depressione, più partecipazione, istituzionalizzazione più lontana

di Sara De Carli

La depressione e il senso di solitudine si riducono, la partecipazione migliora, l’uscita dalla propria casa per un istituto di ricovero viene nettamente posticipata, i familiari si sentono più competenti: sono alcuni dei risultati positivi dei Centri di Incontro, un modello innovativo per la cura delle persone con demenza che Milano sta sperimentando nell’ambito del progetto europeo triennale MeetingDem.

«In questo momento, grazie a un protocollo d’intesa con il Comune di Milano, sono attivi due Centri di Incontro per tre mattine la settimana, uno in Zona 4 e uno in Zona 7. Speriamo di avviarne altri due nel 2016», racconta Elisabetta Farina, neurologa, responsabile del servizio di riabilitazione cognitiva all’IRCCS S. Maria Nascente di Milano della Fondazione don Gnocchi e co-responsabile per l’Italia del progetto europeo. I Meeting Centers sono nati in Olanda negli Anni 90, dagli studi di Rose-Marie Dröes: oggi ad Amsterdam ogni quartiere ne ha uno e sono almeno 120 in tutto il Paese. L’Italia li sta sperimentando insieme a Polonia e Regno Unito.

I Centri di Incontro si rivolgono alle persone con un decadimento cognitivo lieve o moderato – non solo quindi i malati di Alzheimer – di diagnosi recente e che vivono ancora a casa e al loro caregiver, familiare o badante. Al Centro di Incontro trovano una presa in carico imperniata su attività biosociali come psicomotricità, stimolazione cognitiva, terapia occupazionale di gruppo, mentre i familiari si trovano in un gruppo di auto aiuto. «È la differenza fondamentale rispetto al centro diurno: noi prevediamo la presa in carico anche del familiare, a cui è richiesta la partecipazione almeno una mattina a settimana. Ci sono anche riunioni periodiche di tutta l’équipe con tutti i familiari e le persone in carico. Accompagnare il familiare ad essere un caregiver esperto, anche dando un sostegno psicologico, aiuta le persone a rimanere al proprio domicilio», spiega Farina.

La frequenza dei Centri di Incontro è gratuita, comprende anche un servizio di case managment e prossimamente un supporto di consulenza legale; secondo il modello olandese le varie figure professionali sono affiancate da volontari opportunamente formati. «Il modello in Olanda si è dimostrato efficace, il progetto europeo prevede anche una ricerca per la validazione scientifica circa la sua diffusione in altri Paesi e contesti culturali. Spesso le persone con un decadimento cognitivo lieve o moderato vengono abbandonate a se stesse dopo la diagnosi, con la sola cura farmacologica: adesso si vuole dare una risposta», conclude Farina. La sfida dei finanziamenti, perché i Centri di Incontro si diffondano ulteriormente, è già aperta.


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