Cooperazione & Relazioni internazionali

Se i Paesi UE con più emigrati rifiutano le quote

Tra i Paesi UE più ostili alla soluzione quote vi sono anche i protagonisti del grande allargamento 2004-2007, quando 12 Paesi, tra cui Ungheria, Slovacchia e Romania erano entrate nell’Unione. Tra il 2004 e il 2009 ogni anno circa 250mila cittadini provenienti da questi stati si sono ricollocati in altri Paesi europei

di Ottavia Spaggiari

“La più grande sfida nella storia dell’Unione Europea.” Così è stata definita l’emergenza migranti, una sfida che non tutti hanno deciso di raccogliere e che continua a dividere, tra chi apre le frontiere e chi costruisce, letteralmente, muri di filo spinato.

Piuttosto interessante notare che tra chi si dimostra più ostile alla soluzione quote, vi sono anche alcuni dei Paesi che si sono uniti all’Unione Europea dal 2004 al 2007, gli anni dei “grandi allargamenti”, da molti temuti come il big bang dell’immigrazione dall’est. L’Ungheria, che dalla mezzanotte di ieri ha chiuso i confini e, nella mattinata di martedì ha arrestato 60 migranti, è entrata a far parte dell’Unione Europea nel 2004, così come la Slovacchia e la Repubblica Ceca, (che si sono pronunciate non troppo favorevoli all'accoglienza), tutti e tre Paesi appena undici anni fa erano l’oggetto di quelle stesse paure che oggi in chiave diversa, continuano a serpeggiare nelle stanze dei bottoni bruxellesi.

Difficile scordare che la stessa paura, espressa oggi così platealmente da alcuni di quei nuovi stati annessi, era stata cavalcata proprio 10 anni fa durante la campagna in vista del referendum francese sulla costituzione europea (aveva poi vinto il no), dove lo spauracchio del temibile “idraulico polacco”, che sarebbe arrivato e avrebbe rubato il lavoro al suo più costoso corrispettivo francese, aveva fatto vacillare la fiducia nell’UE.

In realtà, nonostante le annessioni dal 2004 al 2007 di ben 12 Paesi, 8 dei quali appartenenti all’ex blocco sovietico, la catastrofe che qualcuno si aspettava non si è di fatto verificata. “L’idraulico polacco”, così come quello ungherese, ceco, rumeno e bulgaro sono di fatto arrivati, basti pensare che, dal 2004 al 2009, sono stati 250mila i migranti provenienti dai nuovi paesi annessi che si sono ristabiliti negli altri Paesi europei, una cifra importante, soprattutto considerando le restrizioni imposte da alcuni Paesi, tra cui Francia, Gran Bretagna e Belgio, come la richiesta obbligatoria di un permesso di lavoro a cittadini rumeni e bulgari (paesi ammessi nel 2007), limitazioni che sono poi state sollevate il 1 gennaio del 2014. Eppure l’Europa, o meglio gli EU-15, ovvero i Paesi che facevano già parte dell’UE sono riusciti ad assorbire i numeri. Dati, insomma che dovrebbero far riflettere.

Foto: Christopher Furlong/Getty Images


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