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Cooperazione & Relazioni internazionali

La rotta balcanica è minata

L'1% del territorio croato è ancora infestato da mine antiuomo. La tragica eredità della guerra del Balcani rischia, ora, di far nuovi morti. L'allarme è stato lanciato dal Ministero degli Interni croato. Nel frattempo c'è chi avverte: con la chiusura della frontiera tra Ungheria e Serbia, la rotta balcanica delle migrazioni diventerà un inferno.

di Marco Dotti

Ci hanno provato in tutti i modi: con i cani, con i conigli, persino con le api. Niente, le mine antiuomo sono una brutta bestia per chiunque. Soprattutto se disseminate durante una guerra civile le cui conseguenze a lungo termine sono ancora poco chiare.

Perché se è vero che cartelli in croato, nelle zone di confine, indicano la presenza di mine è altrettanto vero che non tutte le mine e non tutti i tragitti non convenzionali sono indicati. E sono proprio questi "tragitti" rischiano ora di essere intrapresi dai profughi in fuga.

Ancor più brutta, la "bestia" delle mine rischia dunque di diventarlo per i profughi, siriani e non, che vedendosi preclusa la via ungherese sembra stiano cambiando percorso, dirigendosi lungo i 325km che segnano il confine tra la Repubblica serba e quella di Croazia.

Ieri i primi morti – così da notizie non ufficiali che non abbiamo avuto modo di verificare, ma sono circolanti in loco.

Poche ore fa, notizie o voci a parte, il dato certo è che l'Ungheria ha "sigillato" il suo confine. Parliamo del confine con la Serbia e lo stesso – con tanto di muro in costruzione – si appresta a fare con il confine con la Romania. Inutile dire che il confine ucraino è quello più temuto da Budapest, ma per altre ragioni.

La Romania, da parte sua, fa sapere di non poter accogliere più di 1785 rifugiagi. Insomma, la decisione ungherese, conseguente alla legge di contrasto all'immigrazione illegale approvata lunedì, ha destabilizzato l'area mettendo in preallarme proprio la Romania, la Serbia e la Croazia. In preallarme dovrebbe però essere anche l'Italia, che diventerà, probabilmente, il prossimo corridoio di transito – via Friuli – per i migranti in fuga.

Il governo di Zagabria, nel frattempo, ha schierato 6mila uomini lungo il confine e dichiara di avere la possibilità di ospitare 3mila profughi. Non uno di più.

Quest'anno, sono s tate 720 le richieste nella Repubblica di Croazia, ma solo 41 persone si sono viste accordare l'asilo.

A Sid, al confine con la Serbia, è iniziato nel frattempo l'arrivo dei primi migranti (afghani e siriani, in prevalenza) su bus provenienti dalla Macedonia e dal sud della Serbia

Nonostante le parole di rassicurazione di Zlatko Sokolar, a capo dell'amministrazione delle frontiere del Ministero degli Interni, il provvedimento ungherese rischia di innescare un effetto domino in tutta l'area e i movimenti nazionalisti stanno già iniziando la loro campagna contro una migrazione che qualificano nei termini di "invasione islamica".

Oltre alle mine, vecchi focolai si riaccendono. Non ultima la provocazione dei serbi della Krajina che hanno offerto le proprie case in Croazia abbandonate al tempo della guerra e oggi al centro di una contesa giuridica su risarcimenti per danni di guerra… ai profughi.


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