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Cooperazione & Relazioni internazionali

Donetsk, quell’altalena tra pace e guerra

Eliseo Bertolasi da Donetsk ci porta una testimonianza diretta su come sta procedendo la situazione di calma apparente nel Donbass, una tregua che seppur molto fragile sta però continuando portando una ventata di pace sulla regione da oltre un anno martoriata dalla guerra civile

di Redazione

La condizione di calma “relativa” da qualche settimana sopraggiunta a Donetsk sta continuando. La distruzione rimane però molto ampia. I quartieri periferici limitrofi al fronte e all’aeroporto come il Kuibyshevskyi, il Kievskyi sono devastati, non solo sono state colpite le abitazioni civili, gli alti palazzi che caratterizzano l’architettura sovietica, ma anche tutte le infrastrutture sociali: supermercati, mercati, ospedali, asili, scuole.. In questi quartieri desolati e spettrali si aggirano cani ormai inselvatichiti e qualche residente che ha deciso di rimanere ad oltranza, presumibilmente impossibilitato a cercare riparo in città più sicure o in Russia.

Mi sono recato anche in prima linea tra le trincee e le postazioni nei pressi di Marinka, un sobborgo minerario con i caratteristici terakoni (le colline artificiali, prodotte da decenni di accumulo del materiale estratto dal sottosuolo). Percorrendo camminamenti nascosti dalla vegetazione siamo giunti quasi a ridosso delle linee ucraine, facilmente riconoscibili dalla presenza della bandiera bicolore giallo azzurra. Su questo lembo di terra che intercorre tra le linee dell’esercito di Donetsk e le forze armate ucraine passa, sia il fronte, sia il confine tra l’Ucraina e la Novorossia (l’autoproclamata entità politico-territoriale che riunisce le due Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk). Qui l’Ucraina è indietreggiata e ha perso la frontiera con la Russia. Dalla Russia lasciandosi alle spalle la dogana si entra direttamente in Novorossia, questo è un dettaglio che va specificato.

Da mesi questa linea, si è consolidata in un fronte statico, trincea contro trincea, con i rispettivi bunker, camminamenti, postazioni mimetizzate. Nonostante la tregua in atto ci si muove sempre con molta circospezione sfruttando i ripari. I militari mimetizzati sulle varie postazioni mi dicono che la tregua non riguarda gli sniper, scoprirsi potrebbe costare molto caro.

Sulla linea del fronte ho notato solo armi leggere, fucili AK-74, mitragliatrici PKMN, mitragliatrici pesanti KORD e lanciarazzi RPG-7. Non ho visto blindati, mi riferiscono, che sono stati arretrati secondo gli accordi di Minsk.

Il giorno 18 settembre nella piazza centrale di Donetsk davanti al monumento di Lenin, si è svolta una solenne cerimonia militare per la consegna della bandiera di combattimento a una nuova unità. Le forze armate della Novorossia hanno ormai assunto una fisionomia di vero e proprio esercito. I sui combattenti non possono più essere definiti semplicemente opolcenzi (miliziani), come anche loro stessi si definivano in passato, ma, mi fanno notare, ora, di fatto, sono soldati e ufficiali regolarmente inquadrati in brigate e divisioni: fanteria, carristi, artiglieria. La loro età, noto, è però piuttosto eterogenea.

Nonostante il 18 settembre fosse di venerdì, una giornata lavorativa, la piazza era gremita di civili, tante famiglie, ragazze, mogli che abbracciavano i loro uomini in divisa, bambini che chiedevano ai loro papà carristi di provare a salire sui carri armati e sui blindati schierati in piazza, tutti mezzi sovietici: carri T-64, BTR-64, i veicolo da combattimento per la fanteria BMP-2.

Coloro che in occidente o in Ucraina continuano a parlare di una popolazione, quella del Donbass, che subisce l’occupazione di truppe “terroriste”, è decisamente fuori strada, se dovesse assistere a queste manifestazioni, rimarrebbe sicuramente meravigliato da tanto entusiasmo e supporto popolare. È un popolo, quello del Donbass, che si stringe ai suoi soldati, a quelli che chiama i suoi “difensori”.

Purtroppo la guerra non è finita, non lo dobbiamo dimenticare. Anche se nel centro di Donetsk la vita sembra essere tornata alla normalità, a ricordarlo sono le numerose persone, per strada, che indossano la mimetica e imbracciano il Kalashnikov: uomini, ragazzi, anche ragazze, (straordinariamente affascinanti nella loro uniforme). Di notte vige ancora il coprifuoco.

Quando parlando della situazione, puntualizzo che nonostante la realtà, Kiev continua a ritenere le due nuove Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk come parte integrante dei suoi confini, i soldati e i civili che intervisto, sorridendo e con molto pragmatismo mi rispondono che “ritenere” non è sufficiente, bisogna prima “riconquistare”.


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