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Msf: la salute delle persone persa per strada

Non fa sconti il giudizio di Medici senza Frontiere sulle nuove proposte definite dai Sustainable Development Goals (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) che succedono agli obiettivi di Sviluppo del Millennio (i cosiddetti Millenium Goals). Gli Sdg sono al centro del summit di New York dove saranno adottati come punto di riferimento per i prossimi 15 anni

di Mit Philips

Mit Philips è responsabile per l'Accesso alla Salute di Medici Senza Frontiere

Con tutto il clamore sui progressi nella salute globale attribuiti (erroneamente o meno) agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e la carica positiva che accompagna le nuove ambiziose proposte di sviluppo definite negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG – Sustainable Development Goals), si potrebbe pensare che i problemi di salute del mondo siano stati in gran parte risolti. Purtroppo la realtà è ben diversa.
Msf può confermare la carenza di servizi sanitari adeguati in ciascuno dei 63 paesi dove attualmente lavorano le sue equipe mediche. La maggior parte delle persone che vivono in questi paesi non sa che a fine settembre un summit speciale dell'ONU convocato a New York adotterà gli SDG e certamente non festeggerà questo evento.

Negli ultimi 15 anni, il mondo è cambiato profondamente e in molti paesi si sono conseguite significative conquiste nel campo della salute, in particolare per le persone affette da HIV/AIDS, tubercolosi e malaria, grazie a programmi di assistenza sanitaria ben mirati, incentrati sulle persone, innovativi e adeguatamente finanziati. In alcuni casi, paesi che godevano di assistenza sanitaria e popolazioni che vi avevano accesso ne sono ora rimasti privi, mentre le strutture sanitarie e il relativo personale sono stati presi di mira per privare le popolazioni dei servizi più fondamentali. Il mondo è stato testimone di gravi minacce alla salute globale, come l'aumento progressivo della resistenza agli antibiotici che rischia di annullare molti dei progressi che si osservano oggi nella salute della popolazione. O come l'esplosione di Ebola nell'Africa occidentale, nei confronti della quale il mondo non ha saputo rispondere in termini di trattamento, provocando migliaia di vittime e un'epidemia che è ancora in atto.

Ma ci sono anche popolazioni che, a causa dell'incapacità o dell'inefficienza del governo o anche solo di una semplice esclusione, non sono riuscite a ottenere accesso a un'adeguata assistenza sanitaria o ai medicinali e i cui bisogni restano critici e immediati.

Gli SDG, che saranno introdotti nel 2016 e implementati nel corso dei successivi 15 anni in tutto il mondo (almeno sulla carta), comprendono un solo obiettivo di salute e vari traguardi connessi alle malattie principali, alla nutrizione e ad altri determinanti sociali della salute. Tuttavia, con così tante altre priorità nell'ambito degli SDG (cambiamento climatico, pace e sicurezza, acqua…), qualcosa dovrà pur succedere. Le tendenze recenti e le ipotesi formulate da importanti donatori internazionali indicano un rifiuto nei confronti del paradigma degli anni ‘80, quando la principale preoccupazione sulla salute era associata ai costi economici anziché alla sofferenza patita dalle persone con un accesso scarso o addirittura inesistente a servizi sanitari di qualità o ai medicinali e alle procedure diagnostiche esistenti. Nel mondo continuano a coesistere persone che hanno e persone che non hanno, e una nuova agenda di sviluppo, a prescindere da quanto sia ben intenzionata, potrà fare ben poco per cambiare questa situazione se non viene tradotta in azioni concrete con finanziamenti sufficienti.

Le recenti tendenze negli aiuti internazionali sono in netta contraddizione con le intenzioni, dal momento che si registra una riduzione progressiva dei finanziamenti agevolati a favore dell'assistenza sanitaria. L'enfasi sui paesi che fanno di più per se stessi e gli aiuti sempre più utilizzati come "catalizzatori" per stimolare la crescita economica non fanno ben sperare per la salute globale. Se la salute non è in grado di guidare la politica, diventa impossibile mantenere le fragili conquiste ottenute in campo sanitario e conseguire obiettivi ambiziosi.

Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, con bisogni schiaccianti in molti settori sociali ma con meno del 17% della popolazione affetta da HIV che ha accesso ai trattamenti, non dovrebbero essere costretti a scelte impossibili, né le loro popolazioni dovrebbero pagare per l'assistenza somme che spesso non possono permettersi. Nella capitale Kinshasa, le persone devono affrontare una ricerca talmente lunga, dolorosa e costosa per ottenere servizi di diagnosi e cura dell'AIDS che, quando si presentano in ospedale, spesso si trovano già a uno stadio molto avanzato della malattia. Presso l'ospedale Kabinda, sostenuto da MSF, muore un paziente su quattro tra quelli ricoverati, pagando il prezzo di non aver avuto un accesso tempestivo al trattamento antiretrovirale. Questo è inaccettabile, e ci riporta indietro di 20 anni.

Le popolazioni dei paesi che stanno risalendo la scala del reddito non guadagnano automaticamente l'accesso a sistemi sanitari funzionanti una volta che il paese sia stato classificato come economia a medio reddito, soprattutto se si considera che i paesi a medio reddito ospitano il 70% delle persone povere e ammalate di tutto il mondo, tra cui la maggior parte dei casi di HIV/AIDS, tubercolosi, malaria e malattie non trasmissibili.

Le persone emarginate a causa di conflitti e instabilità, o dell'esclusione sociale, esistono oggi e continueranno a esistere domani. Indipendentemente da dove vivono o dalla loro situazione economica, le persone meritano di avere accesso ai farmaci e ai trattamenti esistenti e a quelli più recenti. Si rende necessaria una maggiore attività di ricerca e sviluppo, soprattutto a favore dei paesi poveri, che dovrà essere finalizzata a promuovere la salute delle popolazioni, e non solo la generazione di profitti. I medici di MSF si sono dimostrati impotenti e privi di nuovi strumenti per trattare le oltre 10.000 persone ricoverate presso i centri di trattamento dell'ebola di MSF in tre paesi dell'Africa occidentale, e ciò quattro decenni dopo la prima epidemia e più di un anno dopo l'inizio dell'epidemia attuale. I medici, sebbene confortati dal fatto di poter disporre di nuovi farmaci per trattare la tubercolosi resistente ai farmaci (DR-TB), hanno realizzato che queste nuove combinazioni non saranno ancora in grado di offrire ai pazienti gli esiti che essi meritano; inoltre, in molti paesi i farmaci sono ancora economicamente inaccessibili o non disponibili. La confezione base di vaccini (un "must have") per l'immunizzazione di donne e bambini è adesso 68 volte più costosa di quanto non fosse nel 2001 e, anche ai prezzi globali più bassi disponibili, risulta ancora inaccessibile per molti paesi od organizzazioni umanitarie come MSF.

Se lo slogan del progetto SDG "Non lasciare nessuno indietro" e l'obiettivo di raggiungere la copertura sanitaria universale devono essere più di una pia illusione, occorre che queste nuove proposte di sviluppo siano accompagnate da azioni immediate e da un cambiamento negli approcci attuali al fine di assicurare che la salute rimanga una priorità e non sia ridotta a una semplice merce.


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