Solidarietà & Volontariato

L’accoglienza diffusa è pronta a rispondere all’appello della storia

«L’accoglienza diffusa funziona, ora la storia ci chiede di fare il salto dei numeri», dice la Caritas Italiana. In attesa delle Linee guida per l'accoglienza che la CEI sta per varare, i territori hanno già raccolto le disponibilità di strutture e avviato l'organizzazione. Perché non si tratta di mettere a disposizione un tetto, ma di accompagnare persone: per questo le famiglie saranno protagoniste

di Sara De Carli

Papa Francesco li ha chiamati in causa direttamente e più volte: «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi, Roma». Sul numero di VITA in edicola da venerdì 2 ottobre abbiamo provato a mappare le risposte a questo appello, scoprendo un grande movimento di accoglienza diffusa che riguarda Comuni, associazioni, parrocchie e singole famiglie. Qui un "pezzetto" della mappa, quello che riguarda le accoglienze che passano attraverso la Caritas, di cui le famiglie saranno protagoniste.

La Caritas diocesana di Roma sarà operativa con le prime accoglienze entro la metà di ottobre. In questi giorni sta raccogliendo le disponibilità, oggi è il termine ultimo, ma al 25 settembre erano state formalizzate già 34 adesioni. «Si tratterà di accogliere uno o due migranti: se parlassimo di famiglie gli spazi potrebbero ospitare anche più persone, ma non abbiamo richieste da parte di nuclei familiari», spiega Alberto Colaiacomo. Ci sono anche famiglie disponibili ad aprire la propria casa, «le invitiamo a coordinarsi con la parrocchia, perché non si tratta solo di mettere a disposizione uno spazio fisico, ma di offrire tutti i supporti della prima accoglienza, dai corsi d’italiano all’assistenza. Per questo la Caritas diocesana metterà a disposizione alcuni suoi operatori, reperibili H24», continua Colaiacomo.

A Milano invece all'appello del cardinal Scola le parrocchie e hanno risposto mettendo a disposizione della Caritas Ambrosiana 29 appartamenti, più 12 strutture di istituti religiosi: tra le piccoli-grandi storie da citare quella di Sarah, nata a Ferragosto all’oratorio di Bruzzano e quella di don Ettore Dubini, parroco a Erba, che da mesi accoglie in casa propria una famiglia di profughi.

L’accoglienza diffusa non è un modello nuovo per Caritas Italiana: delle 8mila accoglienze fatte in questi ultimi anni in convenzione con le istituzioni italiane, più dell’80% è stato realizzato prendendo in affitto appartamenti per piccoli numeri di persone. Ad esse si affiancherà una grande accoglienza disseminata nelle parrocchie, istituti religiosi e famiglie: «Abbiamo ricevuto migliaia di disponibilità, ma non possiamo improvvisare nulla», racconta Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana.

Per partire si attendono le linee guida della Cei, che saranno pronte a inizio ottobre. «I richiedenti asilo resteranno nei circuiti istituzionali, in parrocchia e in famiglia andrà soprattutto chi ha ottenuto una forma di protezione: hanno bisogno di un accompagnamento all’integrazione, non solo di un tetto. Per questo accetteremo solo le candidature di famiglie già note ai circuiti delle Caritas parrocchiali», continua Forti. Spesso chi chiama si aspetta di accogliere una famiglia di profughi siriani, con bimbi piccoli: «In Italia invece il bisogno di accoglienza riguarda soprattutto giovani uomini soli, provenienti dal Mali e dal Niger. Nel 2013 con il progetto “Rifugiato a casa mia” finanziato dalla Cei abbiamo già sperimentato l’accoglienza in famiglia di una quarantina di questi ragazzi e moltissime famiglie hanno prolungato l’accoglienza, gratuitamente, oltre i sei mesi previsti. Entro la fine di ottobre lo proporremo di nuovo, questa volta puntando a 200/300 accoglienze. L’accoglienza diffusa funziona, ora la storia ci chiede di fare il salto dei numeri».


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