Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Media, Arte, Cultura

Elogio dell’infanzia

"Com’è difficile guardare", scriveva Peter Handke, "e non c’è scuola che lo insegni, ognuno può solo imparare da sé, giorno dopo giorno, solo questo, sempre da capo". Sempre da capo, come se fossimo sradicati da sempre, da sempre esiliati da quel territorio che ha per nome "infanzia".

di Marco Dotti

"Se da un oggetto ti aspetti un'immagine postuma, in nessun caso devi fissarlo. Devi attraversarlo". Così scrive Peter Handke, nel romanzo Il mio anno nella baia di nessuno.

"Sarà – raccontava recentemente a Alessandra Iadicicco, sulle pagine della Lettura – perché soffro da sempre per la mancanza di un luogo, perché dall’infanzia conosco il dolore dello sradicamento. Così anche un luogo episodico è sempre stato come una grazia per me. Un posto però deve diventare epico: si deve raccontarlo, trasformarlo nel personaggio di una storia, far sì che possa apparire per tutti".

Nato a Griffen, in Carinzia, nel 1942, Handke è scrittore, regista, sceneggiatore, autore teatrale, oltre che viaggiatore e cercatore di funghi. Il suo ultimo lavoro, infatti, proprio all’arte e alla pazienza del cercatore di funghi è dedicato. Si intitola Saggio sul cercatore di funghi.

Sul numero di Vita magazine in edicola un'antologia delle parole e dello sguardo di Handke sull'infanzia. Qui vi proponiamo una sua poesia Elogio dell'infanzia, su questi suoi versi comincia uno dei più grandi capolavori del cinema, quel Il cielo sopra Berlino che Wim Wenders firmò nel 1987. La poesia fu scritta appositamente per la sceneggiatura del film.

Quando il bambino era bambino,

camminava con le braccia ciondoloni,

voleva che il ruscello fosse un fiume,

il fiume un torrente

e questa pozzanghera il mare.

Peter Handke, Elogio dell’infanzia

Quando il bambino era bambino,

camminava con le braccia ciondoloni,

voleva che il ruscello fosse un fiume,

il fiume un torrente

e questa pozzanghera il mare.

Quando il bambino era bambino,

non sapeva di essere un bambino,

per lui tutto aveva un’anima

e tutte le anime erano un tutt’uno.

Quando il bambino era bambino

non aveva opinioni su nulla,

non aveva abitudini,

sedeva spesso con le gambe incrociate,

e di colpo si metteva a correre,

aveva un vortice tra i capelli

e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,

era l’epoca di queste domande:

perché io sono io, e perché non sei tu?

perché sono qui, e perché non sono lì?

quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?

la vita sotto il sole è forse solo un sogno?

non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo

quello che vedo, sento e odoro?

c’è veramente il male e gente veramente cattiva?

come può essere che io, che sono io,

non c’ero prima di diventare,

e che, una volta, io, che sono io,

non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,

si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,

e con il cavolfiore bollito,

e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,

una volta si svegliò in un letto sconosciuto,

e adesso questo gli succede sempre.

Molte persone gli sembravano belle,

e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.

Si immaginava chiaramente il Paradiso,

e adesso riesce appena a sospettarlo,

non riusciva a immaginarsi il nulla,

e oggi trema alla sua idea.

Quando il bambino era bambino,

giocava con entusiasmo,

e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,

soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.

Quando il bambino era bambino,

per nutrirsi gli bastavano pane e mela,

ed è ancora così.

Quando il bambino era bambino,

le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,

ed è ancora così,

le noci fresche gli raspavano la lingua,

ed è ancora così,

a ogni monte,

sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,

e in ogni città,

sentiva nostalgia per una città ancora più grande,

ed è ancora così,

sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,

com’è ancora oggi,

aveva timore davanti a ogni estraneo,

e continua ad averlo,

aspettava la prima neve,

e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,

lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,

che ancora continua a vibrare.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA