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Il sommelier che non ti aspetti

20 ragazzi con disabilità intellettive hanno cucinato e servito un pranzo per 90 ospiti al Refettorio Ambrosiano. L’iniziativa è del Bambin Gesù di Roma, per dimostrare che si deve credere nell’empowerment delle persone con disabilità

di Giuseppe Frangi

Guido ha 37 anni. È un ragazzo con disabilità intellettiva che vive con la famiglia. Dal 2007, anno dell’apertura, lavora a “La pecora nera” ristorante di Lucca. Nel suo ruolo di cameriere è davvero superlativo: gentile, simpatico, affabile e sempre preciso e rigoroso. Padrone del mestiere si autodefinisce “capo-cameriere”. Maurizio invece ha 52 anni, vive con la mamma in un quartiere periferico di Roma, è affetto da disabilità intellettiva. Lavora al ristorante Gli amici di Roma dove ha cominciato come commìs di sala e col tempo è diventato un esperto sommelier. Ha studiato le etichette di moltissimi vini imparando a conoscere gli abbinamenti migliori con i vari piatti. Paradossalmente è astemio. Emanuele è un ragazzo romano di 36 anni affetto da sindrome di Down, ha frequentato l’Istituto alberghiero e, prima di approdare alla Locanda dei Girasoli, a Roma, ha effettuato diversi tirocini formativi per diventare aiuto-cuoco presso alberghi e ristoranti. Sono tre dei protagonisti di “Disabiliteat: l’empowerment delle persone con disabilità”, appuntamento conclusivo del ciclo promosso dall’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù in collaborazione con la Caritas Ambrosiana della Diocesi di Milano nell’ambito delle iniziative della Santa Sede a Expo 2015.

Oggi erano loro a servire tra i tavoli gli ospiti arrivati al Refettorio Ambrosiano di Milano in occasione della presentazione del progetto che ha coinvolto cinque ristoranti (oltre a La pecora nera di Lucca, e alla Trattoria de Gli amici di Roma, ci sono il Ristorante Fantàsia di Venezia, La locanda dei girasoli di Roma e I Ragazzi di Sipario di Firenze); locali che hanno una lunga esperienza nell’inserimento nel mondo del lavoro delle persone con disabilità. Hanno promosso progetti di inclusione sociale che consentono a tanti ragazzi di sviluppare nuove competenze e abilità, di sentirsi realizzati, più autonomi e sicuri. In sala i 20 ragazzi e ragazze con disabilità (intellettiva o con sindrome di Down) hanno indossato grembiuli da cuoco e toque blanche (tradizionale cappello da chef) per occuparsi della preparazione di un menù di sei portate, dall’antipasto al dolce, e del servizio per 90 ospiti. «Promuovere l’integrazione dei ragazzi con disabilità non è assistenzialismo. Il Compito dell’Ospedale è fare ricerca e fornire cure, compito della società è fare inclusione», ha commentato soddisfatta la presidente del Bambin Gesù Mariella Enoc.


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