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il dramma del lavoro minorile alla Festa del Cinema di Roma

Il film d’animazione sostenuto da Unicef, “Iqbal, bambini senza paura” di Michel Fuzellier e Babak Payami, presentato ad Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa, è ispirato alla storia vera di uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan

di Monica Straniero

Iqbal Masih è uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, e hanno il pregio di fare nodi più precisi.

Era nato nel 1983 e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante di tappeti, per 12 dollari. E' l'inizio di una schiavitù senza fine. Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, perché ritenuto troppo ribelle. Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. Molti dei tappeti fabbricati in Pakistan sono destinati all’esportazione a basso costo nei paesi occidentali. Durante una delle rare uscite, Iqbal legge un volantino e per la prima volta viene a sapere di avere dei diritti. Spontaneamente decide di raccontare la sua storia ed inizia a girare il mondo per far conoscere la condizione dei bambini lavoratori. Diventa così simbolo del dramma dei bambini lavoratori. Il 16 aprile 1995, i sicari della cosiddetta “mafia dei tappeti”, gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città natale Muridke. Un delitto rimasto impunito.

La storia di Iqbal ha ispirato il film d’animazione, “Iqbal, bambini senza paura” di Michel Fuzellier e Babak Payami, presentato ad Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma.

«Oggi, è’ sempre più difficile smuovere le coscienze di noi adulti, bersagliati da notizie usa-e-getta. Per questo motivo abbiamo realizzato un cartone animato per i più piccoli, i cittadini del futuro, dove si racconta di un ragazzino che ha messo in scacco il sistema crudele dello sfruttamento del lavoro minorile», spiega il produttore del film, Franco Serra in conferenza stampa.

L’Unicef, che sostiene e promuove il film, monitora continuamente la situazione dello sfruttamento minorile nel mondo. Nei Paesi in via di sviluppo circa 150 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni lavorano, correndo seri rischi per la sua salute e il suo sviluppo. La maggior parte è impiegata in aziende familiari senza alcuna retribuzione, altri sono vittime dello sfruttamento sessuale, coinvolti in attività illecite o ridotti in schiavitù. Minori a cui sono stati tolti i diritti all'istruzione, alla salute e al gioco.

Non sono immuni anche certe multinazionali come la Nestlé, sospettata di recente di ridurre i bambini in schiavitù nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio, paese da cui proviene la materia prima, impiegata dalla multinazionale svizzera, per la fabbricazione dei suoi prodotti a base di cioccolato

«Lasciando da parte i numeri, comunque impressionanti, ciò che dovrebbe far riflettere è che se un bambino reagisce alla visione del film, significa che abbiamo colpito nel segno», aggiunge il responsabile del comitato italiano Unicef, Andrea Iacomini. «In tutto il mondo i bambini si trovano a vivere situazioni violente. In zona di guerra, per le strade di città in forte degrado, in villaggi remoti, ma anche nelle loro case e scuole. Molti riescono a fuggire da soli o con le loro famiglie, mentre altri sono talmente poveri da non potersi sottrarre al proprio destino di sfruttamento. Ma sono loro, i bambini, i nuovi eroi contemporanei perché hanno il coraggio di raccontare quello che non va a casa loro. Così come Igbal è riuscito ad andare all’ONU per rivelare al mondo la vergogna dello sfruttamento minorile, oggi tocca alla giovanissima Malala Yousafzai, Premio Nobel per la Pace 2014, denunciare la condizione delle donne nella valle dello Swat, una zona del Pakistan soffocata dal controllo degli estremisti islamici».

Lo sfruttamento del lavoro minorile non è, purtroppo, una prerogativa dei Paesi in via di sviluppo, ma e’ anche una realtà dei paesi industrializzati in cui si vanno sempre più estendendo le sacche di povertà ed emarginazione. In Italia secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e da Save the Children, sono circa 360 mila i baby lavoratori.

«Tuttavia continua ad essere un fenomeno invisibile perché i dati non sono suffragati da conferme ufficiali. I “moderni schiavi” sono presenti sia al Nord che al Sud. Bisogna sfatare infatti il luogo comune secondo il quale il lavoro minorile si concentra nel Meridione. Certo il numero dei bambini lavoratori è calato negli anni, ma siamo ben lontani dall’obiettivo di sradicare una delle peggiori forme di sfruttamento moderno. Senza dimenticare che rimane forte la relazione tra la dispersione scolastica e il lavoro precoce. In Italia il numero di ragazzi al di sotto dei sedici anni che hanno dovuto abbandonare gli studi per contribuire all’economia familiare, è in aumento. Una situazione che a causa della crisi economica rischia persino di peggiorare. Ma penso anche a tutti quei minori non accompagnati che sbarcano sulle coste italiane. La maggior parte di loro cerca di raggiungere parenti o amici in altri Paesi europei. Ma le lunghe procedure amministrative in Italia, li espongono al pericolo di finire intrappolati nelle maglie dei caporalati. Di loro si perde ogni traccia», conclude Iacomini.


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