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Economia & Impresa sociale 

Cantone: «Cooperative, non basta l’autocontrollo»

L’inchiesta “Mafia capitale” ha fatto male soprattutto a quel sistema di cooperative che, in modo onesto e trasparente ha retto l'urto della crisi. Al convegno “La funzione sociale della cooperazione: tra economia e legalità”, promosso da Confcooperative, rialza la testa e chiede a gran voce rispetto

di Vittorio Sammarco

L’inchiesta “Mafia capitale” ha fatto male soprattutto a quel sistema di cooperative che, in modo onesto e trasparente ha retto l'urto della crisi (offrendo lavoro a 1.300.000 persone, fatturando 150 milioni e che dal 2007, tra profitto e occupazione, ha scelto il lavoro mantenendo i livelli occupazionali e in alcuni casi incrementandoli). E ora rialza la testa, chiedendo a gran voce rispetto.

Lo ha fatto nel convegno “La funzione sociale della cooperazione: tra economia e legalità”, promosso dalla Confcooperative (20mila imprese aderenti e oltre 3,3 milioni di soci).

«Dobbiamo allestire le terapie giuste, dobbiamo fare come si fa quando c'è l'allarme di un virus», ha detto introducendo la tavola rotonda il presidente Maurizio Gardini, «Dopo sette anni di crisi», sottolinea con forza, «vogliamo rilanciare un nuovo ciclo di sviluppo cooperativo segnato da dinamiche economiche (passi più decisi su capitalizzazione e accesso al credito, internazionalizzazione e innovazione, ndr.) e da un più alto tasso di autenticità e qualità».

E per questo ribadisce l’importanza della straordinaria collaborazione con la magistratura, l’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) e il governo. Difendendo con forza il sistema interno di autocontrolli: nel biennio scorso sul 100% delle cooperative associate e revisionate, nel 16% dei casi la cooperativa è stata invitata a sanare le irregolarità, eseguite nel 74% dei casi. Per gli altri sono stati proposti al Ministero i provvedimenti opportuni: «Il sistema funziona – vibra Gardini – produce sanzioni e commissariamenti. Cosa più importante incrementa la regolarità». E per questo, afferma, chi lavora in modo onesto e trasparente sente il peso di accuse ingiustificate e strumentali.

Su questo è profondamente d’accordo il presidente dell'Autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone: «La cooperazione – ha detto – mai come oggi è oggetto di un attacco concentrico e strumentale di chi vuole approfittare di questa situazione per liquidare un fenomeno che ha avuto, almeno in una buona parte dell'Italia, una funzione positiva d’identificazione con la stessa cittadinanza».

È inaccettabile e aggiunge. «L’art 45 della Costituzione, mette al centro la cooperazione nel nostro sistema economico che è un sistema sociale di mercato, ricordiamolo; noi non siamo un sistema liberista, e quindi non possiamo liquidare tranquillamente la cooperazione». «Le cooperative di tipo B – pone ad esempio – rappresentano la punta avanzata, perchè si occupano degli ultimi. In un Paese come il nostro che ogni giorno di più sta diventano forcaiolo e che incita alla violenza, i soggetti che rientrano nei circuiti carcerari vengono visti come soggetti da abbandonare definitivamente, e la rieducazione considerata ormai marginale. Le cooperative svolgono un ruolo fondamentale, perchè mettono al centro dello sviluppo economico e dando dignità alle persone in difficoltà».

Ma Cantone sottolinea anche che ci sono punti fondamentali su cui intervenire, per rendere questo mondo ancora più trasparente ed efficace.

Intanto il regolamento del codice degli Appalti che è come un codice all’interno di un altro codice, impossibile da leggere anche per gli stessi addetti ai lavori. «Un vero e proprio disastro», lo ha definito. «Bisogna rendere più trasparenti e comprensibili le regole nelle quali muoversi». «Il vantaggio delle linee guida che stiamo approntando – dice Cantone – è che provano a spiegare con semplicità e chiarezza, lasciando pochi alibi». Nonostante l’accusa di follia che qualcuno attribuisce perché vorrebbe solo regole e norme certe. Ma «La follia – sorride il magistrato – è sempre all'inizio di una vera rivoluzione, e sono felice di essere da questa parte».

Eppure ci sono alcune cose da precisare e sulle quali il presidente dell’Anac esprime qualche perplessità in relazione all’intervento di Gardini.

«Non c'è nulla di male – afferma Cantone – che il controllo sul sistema cooperativo non sia fatto solo dal sistema stesso. Al Comune di Roma, ad esempio, abbiamo costatato che il sistema di autocontrollo ha funzionato molto parzialmente. Il sistema cooperativo ha bisogno di curare meccanismi di controllo veri che a volte vadano anche al di là dei controlli formali». «La parola controllo nel nostro paese è stata vista come negativa. E invece il sistema della illegalità rappresenta un ostacolo allo sviluppo economico». Altro esempio: «Il sistema d’illegalità è cresciuto in modo rilevante dentro la legge Obiettivo, senza produrre né opere né tantomeno vantaggi. La parola controllo, verifica, vigilanza, deve cambiare spessore nel nostro Paese». Economia e legalità sono conciliabili.

Infine: «Non bastano i codici etici, bisogna andare alla sostanza del problema verificando chi ha i requisiti e per fare cosa». L’interlocuzione è aperta, «le nostre linee guida sono ancora un po' troppo generiche, conclude il presidente – ma rappresentano un tentativo di andare oltre. Dobbiamo però ancora affinarle». L’obiettivo è provare a tradurre in fatti e mettere in discussione monopoli consolidati. Competenza, concorrenza, e trasparenza, per Cantone sono il vero antidoto alla corruzione.

«Da parte nostra – chiude – c'è tutta la disponibilità a provare a lavorare con una logica di lungo periodo. Quando i riflettori si spegneranno, evitiamo che si ripresentino i Buzzi di turno, soggetti disponibili a finanziare il sistema politico, ma che fanno poi danni ai soggetti che si vorrebbe tutelare».

Quel sistema politico, che vuole riprendersi la credibilità perduta in questi ultimi anni, trova la sponda in una persona autorevole del governo come Graziano Del Rio, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Che al convegno ha ribadito quanto sia importante per il governo la riflessione su legalità ed economia che sta portando avanti il mondo sano della cooperazione. «È importante fare impresa e si può fare anche meglio se ci sono con noi le persone che rimangono indietro nella nostra società», dice. E aggiunge: «È possibile avere un altro tipo di impresa, quella che interpreta il benessere delle persone non solo in modo economico. Il paese non si tiene insieme solo con buone leggi, ma se c'è un’educazione comune ai valori, è l'investimento educativo sulla legalità, sfuggendo il profitto facile. Non c'è capitalismo produttivo se c'è un divario troppo grande nella società, le società più forti sono quelle più coese, che investono di più nel ridurre le disuguaglianze». Perciò, sostiene: «La parola cooperazione è una parola moderna, in linea con quella rivoluzione sociale che parla di connessione e relazioni, un modo diverso di dire cooperazione».

Quindi pone tre principi guida sui quali rilanciare i valori della cooperazione all’interno di un quadro di regole e comportamenti necessari: semplicità, trasparenza ed efficacia. «Dentro alla miriade dei regolamenti di applicazione, si inseriscono più avvocati che imprenditori o ingegneri. Abbiamo bisogno di semplificazione; dobbiamo farlo fino in fondo, ma semplificare è la cosa più complicata in questo Paese. Poi il tema della legalità, legato a quello di fiducia. Una lotta alla corruzione che si annida anche dentro le gare al massimo ribasso, che decidiamo di abbandonare in modo deciso. E quindi la collaborazione con l’Anac che afferma tra gli applausi dell’assemblea – è una garanzia di successo per i soggetti onesti. È la criminalità organizzata che toglie lavoro, non la vigilanza dell’Anac!».

Infine l’efficacia: «le opere vanno fatte. Il legame di fiducia con i cittadini tende a diminuire. Questo paese ha bisogno di fiducia e si ottiene con la concretezza di quello che si progetta e poi si fa».


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