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«A Messina il problema non sono le condutture dell’acqua»

Da 7 giorni la città è senz’acqua a causa di una frana. Questa mattina pare che il servizio sia stato ripristinato «anche se non sembra», sottolinea Fortunato Romano, ex assessore Comunale alla Protezione Civile oggi presidente regionale di Mcl. «Il vero problema della città è la mancanza di idee di sviluppo»

di Lorenzo Maria Alvaro

Per sette giorni Messina, capoluogo di provincia da 250mila abitanti, è rimasto senz’acqua. Il motivo è stata una frana che ha causato la rottura dell’acquedotto principale della città, quello di Fiumefreddo. Un caso che ha sollevato molte polemiche, dure parole del premier Renzi che ha parlato di scandalo e ha auspicato l’intervento dell’esercito. Il sindaco, Renato Accorinti, dopo aver parlato di «palazzinari che lavorano contro di noi» ha annunciato questa mattina di aver ripristinato la situazione. Ma c’è chi non vede la luce in fondo al tunnel. È Fortunato Romano, ex assessore del Comune alla Protezione Civile e alla Innovazione e Ricerca, ex deputato regionale del Movimento per le Autonomie e odierno presidente regionale del Movimento Cristiano Lavoratori, per cui «si è chiusa solo questa emergenza. Ma la città è nel caos». Lo abbiamo intervistato.

Sembra che la situazione a Messina sia rientrata, lo ha annunciato il sindaco questa mattina…
Lo ha dichiarato a Rai 1 stamattina dopo un tavolo tecnico di ieri in prefettura dove di fatto il prefetto lo ha commissariato. Un commissariamento tecnico non politico. Può essere rientrata la crisi dell’acqua ma la situazione della città resta gravissima.

In che senso?
Il tema dell’acqua è un tema conosciuto in città da tanti anni. C’è un ente comunale, l’Amam (Azienda meridionale acque Messina), che è inattivo da anni e che conosce perfettamente il sistema di adduzione e distribuzione. Avrebbe potuto programmare negli anni un sistema per mettere in sicurezza la condotta che viene da Fiumefreddo. Quello che doveva essere ordinario qui si trasforma costantemente in straordinario.

Le colpe quindi sono tutte politiche?
Il Comune e la giunta sono composti da persone per bene ma non in grado di gestire l’ordinarietà. È una città piena di rifiuti, tema su cui da tre anni siamo in emergenza, non c’è un modello di sviluppo, siamo ultimi nella classifica stilata nei giorni scorsi da Legambiente per qualità della vita in Italia, non abbiamo ancora risolto il problema del traversamento stabile dello stretto, che è in agenda da 30 anni e per finire abbiamo un grosso problema di inquinamento.

Tutta colpa di Accorinti?
No, affatto. La colpa è della scelta del governo Monti, cui la sinistra a continuato a dare seguito, di fermare il Ponte sullo stretto. Opera che era ormai in agenda e per la cui soppressione lo Stato sta pagando una penale di 1 miliardo di euro ad Impregilo, azienda che aveva vinto la gara d’appalto. L’unico appunto che farei al sindaco è che è un errore arroccarsi nel Comune come ha fatto. Il non parlare con i copri intermedi, con la Regione e con lo Stato centrale non è una buona strategia.

Quindi anche se l’acqua tornasse nelle case i veri problemi rimangono sul tavolo?
I problemi di Messina restano irrisolti. Questa amministrazione è stata eletta nel maggio del 2013. Siamo a 2 anni e sei mesi di mandato. Ammesso che abbia ereditato una città allo sfascio non è stato risolto alcun problema. Non c’è una sola idea di sviluppo per questo territorio, tanto meno alcuna procedura avviata. Messina è ormai città metropolitana e non ha prospettiva valida per i giovani messinesi. Il Comune si è incartato sul buonismo e sulla buona fede del loro amministrare senza affrontare le questioni concrete. Il ruolo degli enti locali è costruire programmi di sviluppo del territorio. Quest’ultimo dato di Legambiente sulla qualità della vita di Messina, città di mare, e amministrata da una giunta che si dice ambientalista. E che ha tra le sue fila proprio persone vicine se non integrali all’associazione è emblematica.

Accorinti ha parlato anche di palazzinari. A cosa si riferiva?
Quel tipo di allarme non c’entra. Non è colpa di privati senza scrupoli quello che è successo. Sono i piani regolatori e gli strumenti urbanistici che sono abusivi semmai. Io ho vissuto a Giampilieri dove con l’alluvione del 2009 ci furono 33 morti. Quelle opere, crollate, non erano abusive. Ad esserlo erano gli strumenti urbanistici che permisero quegli edifici, con mille deroghe. Non è un problema di palazzinari. È un problema di regole. Lo ripeto ancora una volta: mancano le idee di sviluppo. Ogni territorio deve avere una propria vocazione. Messina non ce l’ha.


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