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Politica & Istituzioni

La vera svolta? Ricreare il contesto familiare

Alberto Fontana, presidente di Ledha, interviene nell'approfondimento della proposta di legge sul Dopo di Noi. «Quali sono le buone pratiche di riferimento della proposta di legge? Non si capisce», dice.

di Sara De Carli

«Le parole del premier sul Dopo di Noi sono forti, sono il riconoscimento politico che questa è una istanza importante. Dare attenzione politica al Dopo di Noi significa dare attenzione a chi è in una situazione di solitudine e svantaggio, deve essere un messaggio culturale, non solo il finanziamento di un fondo. Tra l’altro 90 milioni di euro sono una cifra importante ma non risolutiva»: così Alberto Fontana, presidente di Ledha, commenta l’annuncio che nel 2016 la legge sul Dopo di Noi verrà approvata e lo stanziamento di 90 milioni di euro per il suo Fondo già in Legge di Stabilità.

Passando ai contenuti della proposta di legge che arriverà alla Camera, che analisi possiamo fare?

La cosa più importante mi sembra capire a quali norme si farà riferimento. Noi abbiamo già degli strumenti per il dopo di noi: le comunità alloggio, i percorsi di vita indipendente che ormai non riguardano più solo le persone con disabilità fisica ma anche intellettiva, purtroppo anche l’ospedalizzazione. Quali sono le buone pratiche di riferimento della proposta di legge? A me sembra che non si capisca, non è chiaro a quali buone pratiche ci si debba ispirare.

Secondo lei quali dovrebbero essere?

Il Dopo di Noi nasce come istanza delle famiglie e il contesto che le famiglie immaginano per i loro figli, dopo la loro morte, è un contesto familiare. La legge allora ha il dovere di puntare a realizzare questo contesto familiare, costruendo servizi che rispettino l’elemento familiare. Ovviamente questo non significa che tutte le persone con disabilità devono rimanere nella casa in cui hanno vissuto con i genitori, ma che anche in una struttura la persona con disabilità deve restare protagonista della propria vita e deve ritrovare il contesto familiare e comunitario che aveva prima. Deve esserci questa svolta. È un discorso di welfare comunitario, di non abbandonare il territorio in cui la persona con disabilità ha vissuto, dove esiste una formalità di servizi ma anche una informalità di relazioni, non solo assistenziali… Tutto questo deve continuare, a prescindere dalla presenza o assenza dei genitori. Si tratta di proseguire il percorso iniziato dalla famiglia, di non interromperlo. Per dirla in modo semplice e forse un po’ grossolano, per realizzare quel contesto familiare che auspichiamo occorre introdurre nuove possibilità di territorio, domiciliazione, contesto, comunità. La comunità e il contesto contano più della casa come edificio.

Deve esserci questa svolta. È un discorso di welfare comunitario, di non abbandonare il territorio in cui la persona ha vissuto, dove esiste una formalità di servizi ma anche una informalità di relazioni, non solo assistenziali… Tutto questo deve continuare, a prescindere dalla presenza o assenza dei genitori.

Alberto Fontana

Che ne pensa dell’introduzione del trust?

Ben vengano i trust e le tutele dei patrimoni, però ricordiamoci che questa è una condizione marginale. Le famiglie dove è presente una persona con disabilità in genere non sono per nulla ricche.

Il DL di stabilità, nel finanziare il fondo per il Dopo di Noi, lo definisce come rivolto a persone con disabilità grave, in particolare stato di indigenza e prive di legami familiari di primo grado. La platea è diversa da quella che prevederebbe invece la legge. È d’accordo?

No, il requisito dell’indigenza andrebbe tolto. Quanto al non aver escluso chi arriva alla disabilità per motivi di vecchiaia, noi in realtà dobbiamo farci carico di tutte le persone che vivono in solitudine forzata. Certo si potrebbe partire da una platea più ristretta, per sperimentare soluzioni. Ovviamente se si va nella direzione di valorizzare i contesti familiari, non ci possono essere interventi standard e questo implica la necessità di una attenta valutazione dell’efficacia degli strumenti. D’altro canto dobbiamo anche arrivare a certa una omogeneità, perché è impensabile che il fondo venga ripartito e poi ogni regione faccia come gli pare.

Foto di Johan Ordonez, AFP/Getty Images


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