Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Media, Arte, Cultura

Salvare il CAM di MIlano? Meglio trovare 19 famiglie affidatarie per i bambini

È polemica attorno alle parole di Michela Vittoria Brambilla, che ha sollecitato il Comune di Milano a trovare 2 milioni di euro necessari per salvare il CAM. Molte associazioni scrivono: bambini così piccoli nemmeno dovrebbero stare in comunità, mettiamo gli stessi soldi sull'affido

di Redazione

A una prima occhiata sembra soltanto un altro brutto effetto collaterale della pasticciata chiusura delle province, con lo stesso rimpallo di competenze (e oneri economici) fra ex Provincia, Cttà metropolitana e Comuni che abbiamo già visto ad esempio per i servizi di trasporto e assistenza per gli alunni con disabilità. È l’ipotesi di chiusura entro fine 2015 del CAM (Centro Assistenza Minori) di via Pusiano, a Milano, un servizio di accoglienza di bambini maltrattati o abusati. Nelle quattro case protette del centro di via Pusiano sono oggi accolti 19 bambini da zero a sei anni: «In passato erano molti di più ma stanno smantellando il servizio, da maggio abbiamo dovuto rifiutare venti richieste di accoglienza, sono state chiuse due delle sei case della struttura», denunciano da mesi le operatrici.

A metà ottobre Michela Vittoria Brambilla, presidente della Commissione Bilaterale Infanzia e Adolescenza, ha visitato la struttura e invitato il Comune di Milano – «l’unico ente che può farsene primariamente carico, competente per i servizi alla persona, magari con il contributo di altre istituzioni», ha detto la Brambilla – a “salvare” il CAM, mettendoci 2 milioni di euro. Due giorni fa, all’interno dell’Indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, la Brambilla ha chiamato in Audizione in Commissione l’assessore alle politiche sociali e cultura della salute del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, la consigliera delegata alle pari opportunità di Città Metropolitana di Milano, Maria Rosaria Iardino e il Direttore del Centro assistenza minori (CAM), Marcello Correra.

Le reazioni seguite alla richiesta di trovare i 2 milioni di euro necessari per salvare il CAM fanno pensare che non sia solo un pasticcio di responsabilità e competenze. «Non dobbiamo cercare 2 milioni di euro per salvare il Centro assistenza minorile di Milano, ma trovare 19 famiglie disponibili ad accogliere i bambini ricoverati in questa struttura, per salvarli nei loro bisogni fondamentali», ha immediatamente scritto Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Si apra subito un tavolo come proposto dalla Brambilla, che comprenda però anche Magistratura minorile e le Associazioni, non però per 'dare un futuro a questa struttura', ma un futuro a questi bambini. Noi ci stiamo, insieme alla nostra rete di famiglie affidatarie».

Oggi è arrivato anche un comunicato congiunto di Ai.Bi., Anfaa, C.A.M- Centro Ausiliario per i Problemi Minorili di via Monti, CNCA. Per queste associazioni il Cam (Centro Assistenza Minori), ospitando 19 minori, è in realtà «un istituto camuffato da comunità educativa, visto che il numero dei minori accolti è superiore ai 12 previsti dalle legge per queste ultime. I bambini sono, infatti, distribuiti in 4 piccole comunità accorpate nello stesso complesso abitativo. Tutto questo, nonostante la legge 149/2001 avesse previsto per il 31 dicembre 2006 la chiusura di tutti gli istituti per minori in Italia».

La struttura ha altissimi costi di gestione (3,5 milioni di Euro per l’accoglienza di 19 bambini accuditi da 40 operatori), da qui il rimpallo delle responsabilità. Il problema però «non dovrebbe essere garantire la sopravvivenza di questa struttura, ma assicurare un’alternativa più rispondente alle reali esigenze affettive dei bambini, che sono tanto più grandi quanto minore è l'età di questi piccoli. Senza mettere in discussione la dedizione, la professionalità e la competenza del personale che vi opera, ribadiamo che le esigenze affettive di bambini così piccoli possono trovare un'adeguata risposta solo da un rapporto affettivo e di accudimento personalizzato, stabile e continuo che solo una famiglia può dare e che una struttura comunitaria con personale turnante, anche se altamente competente, non può per sua stessa natura offrire. La professionalità di questi operatori potrebbe più correttamente essere convertita in altri compiti educativi, ad esempio quale sostegno al compito educativo alle famiglie», scrive il comunicato.

I minori tra gli 0 e i 6 anni nemmeno dovrebbero trovarsi in comunità educativa, prioritaria per loro è l’accoglienza in famiglie affidatarie o comunità di tipo familiare. Una soluzione ci sarebbe: che la Regione metta a disposizione dei Comuni adeguate risorse per sostenere, in collaborazione con le associazioni, le famiglie affidatarie nel delicato compito di accogliere questi bimbi e di accompagnarli, per il tempo necessario affinché il Tribunale per i minorenni assuma le necessarie decisioni per il loro futuro. Oltre ad essere una risposta più confacente ai bisogni di questi piccoli, l’impegno necessario sarebbe notevolmente più basso di quanto prospettato per la sopravvivenza del Cam fino al termine del 2016.

Foto Getty Images


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA