Economia & Impresa sociale 

Angus Deaton: «C’è ancora un futuro»

Il Premio Nobel 2015 per l'economia durante la lectio magistralis tenuta all'università di Bologna in occasione della 31.ma edizione delle letture della casa editrice Il Mulino ha sottolineato che «Credo che la grande fuga, come in passato, aprirà la via al benessere a chi vive ancora nell’indigenza. Anche se le minacce alla democrazia e alla nostra salute sono sempre in agguato»

di Monica Straniero

«Ogni progresso genera inizialmente disuguaglianza. E la disuguaglianza è spesso necessaria al progresso ma può anche comprometterlo. Chi passa in testa, chi escogita un’invenzione, o un nuovo modo di sfruttare un’idea, diventa spesso ricco, ma lascia indietro tutti gli altr»”. Lo ha ribadito in videoconferenza dall’università di Princeton, il Premio Nobel 2015 per l'economia, Angus Deaton, durante la lectio magistralis tenuta all'università di Bologna in occasione della 31.ma edizione delle letture della casa editrice Il Mulino. Un confronto a distanza tra l’autore de “La Grande Fuga” e il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per continuare ad esplorare il lato oscuro della disuguaglianza e capire se ci sono motivi sufficienti per guardare al futuro con meno ansia.

«Nonostante siamo circondati da orrori, la crisi dei rifugiati in Europa e in Medioriente, la guerra civile in Siria, la povertà che cala ma colpisce ancora 700 milioni di persone, non possiamo dimenticare che il nostro benessere personale è più elevato dei nostri nonni, dei nonni di questi e di altre generazioni. Ma quello che più mi preoccupa per il nostro benessere è la cattiva politica, la politica che definisco tossica, capace di uccidere tante persone quanto la peggiore pestilenza. Come accaduto in Cina, tra il 1958 e il 1961 con il regime totalitario di Mao Tse-Tung».

Ma ad alimentare le disuguaglianze, un po’ ovunque, contribuiscono anche i settori della sanità e della finanza speculativa che, secondo il premio Nobel per l’economia, hanno assunto dimensioni superiori a quelle socialmente desiderabili. «Entrambi offrono servizi importanti, ma molto di quanto producono ha un valore più privato che sociale. La ricchezza prodotta dalla finanza e dalle grandi case farmaceutiche aumenta infatti il loro potere politico e diventa quasi impossibile impedire a questi settori di ingrandirsi e arricchirsi ancora». Nel suo intervento, il Governatore della Banca d’Italia ha sottolineato come l’integrazione dei mercati e la globalizzazione abbiano comunque aiutato ampi strati della popolazione a fuggire dalla povertà «Mentre molto è stato fatto per regolare la finanza speculativa. E continuiamo a farlo», ha aggiunto Visco.

Ma quali politiche occorre mettere in atto per ridurre il divario tra ricchi e poveri? Per Deaton non è una quesitone di politiche o strumenti. «Ne abbiamo a sufficienza. Quello che manca è la volontà di metterle in pratica. Perché in un mondo dove non c’è crescita si cercano modi di sopravvivere a spese degli altri».

Tuttavia, sia Visco che Deaton non sono convinti che il cambiamento tecnologico stia rallentando. Per l’economista scozzese è sempre una questione di disuguaglianza. «Quando la crescita si accumula nelle mani dei ricchi tende a rallentare più di quanto farebbe se si distribuisse in modo più equo». Invece secondo Visco il futuro vedrà lo sviluppo della robotica, dell’intelligenza artificiale e della microbiologia. «Ma questo potrebbe causare una grandissima perdita di posti di lavori di routine, non compensati da posti di lavoro più pagati e che hanno a che fare con la ricerca e l’innovazione. Probabilmente ci sarà una domanda vacillante e una mancanza di capacità reale soprattutto per quanto riguarda il potere d’acquisto che possa sostenere l’aumento incredibile della produzione». Insomma chi acquisterà i beni e i servizi prodotti dai robot?

«Affinché la tecnologia possa contribuire a migliorare le vite di tutti, si potrebbero creare dei comitati con il compito di garantire che l’innovazione vada a beneficio della collettività e non di pochi. Ma è forte il rischio che questi comitati alla fine possano cadere nelle mani dei lobbisti e non siano più rappresentativi della popolazione», è la replica di Deaton.

Eppure il premio Nobel si dice ottimista. «Credo che la grande fuga, come in passato, aprirà la via al benessere a chi vive ancora nell’indigenza. Anche se le minacce alla democrazia e alla nostra salute sono sempre in agguato». Deaton si riferisce alla nuova epidemia di disperazione che ha colpito gli americani bianchi, di mezza età. Negli Stati Uniti, il tasso di mortalità degli adulti di 45-54 anni è infatti in costante crescita dal 1998. «Le cause principali responsabili di queste morti – ha spiegato Deaton – non sono le malattie o gli incidenti, bensì suicidi, avvelenamento da farmaci, alcol e droghe (eroina). Un fenomeno che colpisce solo l’America del Nord, tra i paesi industrializzati».


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