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Cooperazione & Relazioni internazionali

Adozioni: -20% nel mondo (ma l’Italia non comunica i dati)

L’International Social Service ha pubblicato le statistiche relative al 2014 sulle adozioni internazionali nel mondo. Cina, Etiopia, Ucraina e Haiti sono i primi paesi di provenienza. In questo contesto, l'ISS mette in guardia contro i seri rischi di concorrenza tra le organizzazioni

di Sara De Carli

Alcuni giorni fa il Ciai ha segnalato la pubblicazione del report dell’International Social Service, con le statistiche relative al 2014 sulle adozioni internazionali nel mondo. L’Italia, che non ha ancora pubblicato il Rapporto con i dati relativi al 2014, non ha comunicato i dati nemmeno per questo report internazionale. Alla voce Italia – storicamente il secondo Paese al mondo per bambini accolti in adozione – compare la desolante sigla “dati non pervenuti”. A Paola Crestani, presidente del Ciai, abbiamo chiesto di illustrarci il report.

Di cosa si tratta?

Sono le statistiche relative al 2014 riguardo ai Paesi di origine e di accoglienza. L’ISS-Servizio Sociale Internazionale è un’organizzazione con base a Ginevra che si occupa di adozione e tutela bambini fuori dal loro Paese. Questi dati vengono raccolti tra l’altro dal Permanent Bureau dell’Aja, quindi non è che l’Italia non ha comunicato i dati all’ISS, l’Italia non ha comunicato i dati statistici al Bureau dell’Aja e infatti è stata richiamata.

Come commentare il “non pervenuti”?

Sottolineerei intanto che è l’unico Paese a non aver comunicato i dati. È una mancanza che pesa sia perché l’Italia è storicamente il secondo Paese al mondo per bambini accolti, quindi la mancanza di questi dati ovviamente falsa il quadro generale, sia perché l’Italia è sempre stata indicata a livello internazionale come modello per l’accoglienza dei bambini special need, tanto che nelle ultime due edizioni dei rapporti italiani c’era una sezione specifica dedicata a loro: in questo senso la mancanza dell’Italia è rilevante perché il report dell’ISS ci dice che c’è un cambiamento del profilo dei bambini, che sempre più con bisogni speciali, sia perché sono grandicelli sia perché hanno problematiche psicologiche o sanitarie di rilievo. L’Italia è storicamente più accogliente riguardo questo tipo bambini, siamo stati i primi e proprio per questo siamo più avanti nel registrare i dati.

Lei si è fatta un’idea del perché l’Italia non comunica i dati relativi al 2014, né pubblicando il report annuale né comunicando i dati a livello internazionale?

No, non ne ho idea. Immagino che ci un motivo molto serio, altrimenti non capisco perché non dovrebbero essere pubblicati.

Quali sono le notizie e i trend più significativi che emergono dalla pubblicazione di questo report internazionale?

Le statistiche ISS confermano la costante diminuzione del numero delle adozioni, stimata intorno al 20% rispetto al 2013 e confermano il cambiamento nel profilo dei minori adottati, con un aumento della segnalazione di bambini con bisogni speciali. Questo si vede soprattutto nelle statistiche dei paesi origine. Secondo il report il 63% dei minori adottati in Francia nel 2014 ha uno special need: è lo stesso ordine di gradezza che abbiamo in Italia, basta pensare che lì dentro entrano tutti i bambini sopra i 5 anni.

Ci può dire qualcosa sulla “geografia”?

Cina, Etiopia, Ucraina e Haiti risultano essere, nel 2014, i primi paesi d’origine dei bambini adottati nel mondo. La Russia ha avuto un crollo del 77% e anche in Etiopia segnaliamo un calo superiore al 50% rispetto al 2013. In quasi tutti questi paesi stanno cambiando tante cose: stanno rivendendo le legislazioni sull’adozione, c’è un miglioramento delle condizioni di vita e stanno implementando in modo più stretto la sussidiarietà, con politiche di promozione dell’adozione nazionale e dell’affido.

Quali sono le conclusioni?

In questo contesto, con un calo complessivo di bambini segnalati per l’adozione e di famiglie disponibili ad accoglierli, l’ISS conclude il report segnalando che ci sono seri rischi di concorrenza tra le organizzazioni che si occupano di adozione e richiamando alla necessità di vigilare perché tutti rispettino gli standard internzionali. Si genera il rischio che le organizzazioni siano disposte a fare “adozioni ad ogni costo”, che significa mal pratiche ma anche meno approfondimenti sulla condizione effettiva di abbandono o abbinamenti un po’ azzardati, con il rischio di fallimenti. Nel contesto attuale delle adozioni internazionali c’è un tema di sostenibilità e di costi, soprattutto nei paesi esteri, ma questo non deve lasciare spazio a pratiche non corrette. E qui entra in causa la vigilanza dell’autorità centrale di ogni Paese, anche per l'Italia.

Foto Kevin Frayer/Getty Images, orfanotrofio a Pechino


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