Attivismo civico & Terzo settore

Conti non dichiarati all’estero, non sempre c’è malafede

Tutte le organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale o aiuti ai paesi poveri detengono conti correnti all'estero, che per legge sono tenute a dichiarare. Ma quante lo sapevano? E quante non l'hanno fatto convinte di essere nel giusto? Ora una norma le mette alle strette

di Gabriella Meroni

Si pensa ai conti bancari all'estero e subito nella mente appare l'immagine dell'evasore o quantomeno del furbo che provvede a occultare capitali in nero fuori dall'Italia in mod da evitare la mannaia del fisco. Ma tra i detentori di conti bancari fuori dai nostri confini non figurano solo quelli che passano i check in con i bigliettoni in valigia, bensì anche le ong o cimunque associazioni, per lo più onlus, che svolgono attività di cooperazione internazionale. Ebbene, anche per questi soggetti è sempre esistito l'obbligo di dichiarare al fisco italiano questi conti ed, eventualmente, di pagare le tasse sui loro rendimenti.

Per chi negli anni avesse mancato a questo obbligo – ed è la notizia che sta agitando tante associazioni questo autunno – è scattato l'obbligo della voluntary disclosure, i cui termini scadono questo lunedì 30 novembre. Si tratta quindi di aderire alla procedura straordinaria di collaborazione volontaria al fine per riparare a eventuali infedeltà dichiarative passate che però, si badi bene, nel caso delle ong non sono dovute nella quasi totalità dei casi a malafede, bensì a mancanza di informazioni (nel caso non infrequente che gli amministratori siano volontari) oppure alla scelta di molte organizzazioni che hanno aperto i conti per interposta persona, tramite cioè un proprio procuratore in loco.

Alcune dunque delle circa 230 ong riconosciute dal Ministero degli Esteri (oggi iscritte all'anagrafe delle onlus) e molte delle circa 3500 organizzazioni italiane attive nel settore della cooperazione internazionale o degli aiuti alle popolazioni in via di sviluppo (dati Istat 2011) potrebbero trovarsi nella condizione di dover ottemperare alla voluntary disclosure attraverso un professionista, con i relativi costi. Va precisato che l'obbligo della dichiarazione volontaria oggi – e della compilazione, nel caso di importi massimi superiori a 10mila euro nel 2014, del quadro RW del modello Unico Enc – scatta solo nel caso che alla ong possa essere attribuita l’effettiva disponibilità delle attività finanziarie nei conti esteri, anche se intestati a un ente affiliato locale.


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