Welfare & Lavoro

Ho l’Aids. Ti prego abbracciami forte

Nella Giornata mondiale della lotta all'AIDS, padre Giuseppe Bettoni dice: «Mi sembra di fare un salto indietro di vent'anni, quando ho fondato Arché e spiegavamo che far giocare i propri figli insieme a bambini con Hiv non era pericoloso. Siamo tornati a chiuderci, facendo un esorcismo contro la nostra paura»

di Giuseppe Bettoni

Qualche settimana fa ho letto la notizia di Francesca, bambina sieropositiva di 10 anni rifiutata dalla scuola. Mi ha preso lo sconforto più profondo: mi è sembrato di fare un salto indietro di almeno 20 anni. Vent'anni fa come Arché eravamo un po’ dei pionieri, in pochi sapevano come confrontarsi con l’HIV. Erano tempi in cui accompagnavamo i bambini sieropositivi verso una vita il più “normale” possibile.

Una parte del nostro impegno era rivolta verso la formazione degli insegnanti, degli educatori, degli allenatori: spiegavamo loro che per gli altri bambini non c’era nessun pericolo. I più esposti erano proprio i bambini sieropositivi, perché più fragili, con il sistema immunitario depresso che li esponeva al rischio di contrarre infezioni.

È inimmaginabile pensare che i bambini sieropositivi possano essere un pericolo per la salute pubblica. Mai nessuno di noi ha contratto l’HIV e durante le vacanze che organizzavamo giocavamo insieme tutto il giorno!

Oggi, dopo vent'anni, nella Giornata mondiale della lotta all'AIDS, speravo che tutto ciò fosse un patrimonio condiviso, invece non bisogna mai abbassare la guardia nella cultura del rispetto e dell’accoglienza, riguardo all’HIV ma anche altre patologie. Concentrare tutto il male possibile su una persona, su una patologia, su una condizione è un modo inquietantemente diffuso per espellere il male che abbiamo dentro. Un esorcismo contro la paura, dittatrice che miete poi le sue vittime proprio tra questi bambini, con il risultato di tagliare loro le prospettive di futuro. Sarebbe forse preferibile chiudere questi bambini nelle loro case?

Il tema della comunicazione tra loro e gli altri bambini è delicato: i bambini sanno, capiscono. Se noi non diciamo loro nulla rispetto alla sieropositività, amplifichiamo la problematica. Abbiamo imparato negli anni come ad ogni stadio della crescita ci sono informazioni da rilasciare, scegliendo le parole giuste. Basta volerle trovare.

Spero davvero non sia venuto il tempo in cui dobbiamo ritirare fuori il nostro primo manifesto: “Ho l’AIDS. Ti prego abbracciami forte. Non ti posso nuocere”. Sarebbe una brutta sconfitta. Il modo migliore per affrontare questa situazione credo sia proprio un grosso abbraccio.

Nella foto di copertina, flash mob a Bucarest (DANIEL MIHAILESCU/AFP/Getty Images)


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