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Pensioni, Vecchiato: «Un problema da affrontare prima che sia troppo tardi»

Il direttore della Fondazione Zancan commenta le parole del presidente dell'Inps, Tito Boeri: «siamo un Paese in cui il rumore assordante dei tanti problemi riduce la possibilità di concentrarsi su quelli fondamentali, che riguardano la vita attuale e futura di tutte le persone, anche quelle più deboli»

di Tiziano Vecchiato

«Per i nati negli anni 80 assegni più bassi del 25 per cento e dopo i 70 anni». Queste le parole del presidente dell’Inps, Tito Boeri, con cui ha presentato ieri il Rapporto Ocse “Pensions at a Glance 2015”. Il commento di Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan.

La condizione dei giovani è preoccupante, non solo quella attuale che li vede fortemente penalizzati nell’accesso al lavoro, ma quella futura, quando avranno 70 anni e oltre. Se adesso sono «potenzialmente» poveri perché possono contare sull’aiuto dei loro genitori, a 70 anni potrebbero esserlo veramente. Dipenderà dalla loro vita lavorativa, se saranno riusciti ad accumulare versamenti pensionistici, che però non basteranno per avere una pensione dignitosa.

Ma il film non finisce purtroppo qui. Come potranno vivere, anzi sopravvivere alla loro insufficiente capacità economica? Saranno poveri e per questo potranno chiedere aiuto ai loro Comuni, che dovranno aiutarli. È il debito pubblico nascosto che avevamo prefigurato nel Rapporto 2004 su povertà ed esclusione sociale in Italia. «È il debito differito a carico dei giovani attuali che, quando diventeranno pensionati poveri lo metteranno a carico delle amministrazioni comunali costrette a far fronte alla loro domanda di assistenza sociale».

Paolo Onofri nella rivista «Studi Zancan» lo aveva prefigurato in modo chiaro ed efficace come «rischio distributivo di natura sistemica (…). Non penso solamente alle generazioni dei giovani 30/40enni attuali, che in media possono contare sul patrimonio delle proprie famiglie di origine, ma anche alle generazioni dei loro figli quando i patrimoni familiari saranno stati almeno in parte consumati». E aggiungeva, nel 2011, «all’interno dell’Inps la gestione separata del fondo al quale affluiscono i contributi dei lavoratori parasubordinati ha un attivo di sette/otto miliardi di euro ed è ovvio che sia così perché è un fondo giovane che attualmente paga pochissime pensioni. L’attivo attualmente serve a ridurre il disavanzo della pubblica amministrazione, mentre potrebbe essere impiegato per investimenti finanziari volti ad aumentare il valore delle pensioni future» (Studi Zancan 3/2011, pp. 9-13).

Bene quindi che l’Inps ce lo dica con la voce autorevole del suo presidente. Purtroppo siamo un Paese in cui il rumore assordante dei tanti problemi riduce la possibilità di concentrarsi su quelli fondamentali, che riguardano la vita attuale e futura di tutte le persone, anche quelle più deboli. È triste dire «lo avevamo detto». Anzi è meglio sentire che anche altri cominciano a farlo diventare un problema. Merita tutta l’attenzione necessaria per poterlo affrontare prima che sia troppo tardi.


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