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Giovani e volontariato, i numeri dell’impegno in Italia

Una ricerca della Fondazione Volontariato e Partecipazione e della Provincia di Lucca per capire perché il tasso di impegno dei giovani è inferiore a quello degli adulti

di Redazione

Il tema del rapporto fra giovani (qui intesa nella forbice di età 14-29 anni) e volontariato è al centro di un dibattito piuttosto vivace nel nostro Paese. Stando ai dati forniti dall'Istituto Toniolo, soltanto il 6% degli italiani con un'età compresa fra 18 e 29 anni svolge abitualmente e con continuità attività di volontariato, e ben il 65% non ha mai preso in considerazione tale eventualità.

Secondo gli studiosi che hanno curato lo studio in oggetto, questi dati confermano “la difficoltà dei giovani italiani a trovare un'identità sociale, e dunque un'appartenenza alla collettività di cui fanno parte, che li orienti alla partecipazione”. Il trend degli ultimi 5 anni – proseguono gli autori – è in diminuzione, nonostante una moderata crescita dell'impegno femminile.

Questa visione piuttosto pessimistica è tuttavia contrastata da altri ricercatori. Secondo Giancarlo Rovati dell'Università Cattolica di Milano, la percentuale dei giovani di età compresa fra 15 e 34 anni che dedicano parte del loro tempo alla solidarietà è in aumento: dal 6% di fine anni '90 al 8,5% del decennio successivo.

Un aspetto che può generare confusione attiene alla distinzione fra dati assoluti e dati relativi (percentuali). Poiché per effetto del crollo delle nascite le generazioni nate a partire dagli anni '80 sono meno ampie delle precedenti, il numero di giovani dediti al volontariato tende ad essere inferiore rispetto al passato; ciò può rappresentare un problema per le organizzazioni che incontrano difficoltà nel garantire il ricambio dei propri aderenti. Tuttavia, per valutare se effettivamente vi è stato un calo di interesse delle nuove leve verso l'impegno volontario si dovrebbero confrontare i tassi relativi (percentuali) di partecipazione – come fanno correttamente tutti gli autori sopra citati – e non i numeri assoluti.

Nel presente contributo proviamo a fornire alcuni elementi alla discussione in atto analizzando i dati forniti dall'Indagine ISTAT sugli Aspetti della Vita Quotidiana. La rilevazione in questione è condotta su un campione molto esteso, rappresentativo di tutte le aree del Paese e di tutte le classi di età; pertanto consente di fare comparazioni robuste e sufficientemente accurate. Inoltre, nel questionario utilizzato per le interviste del 2013 è stato inserito un apposito modulo dedicato ala rilevazione dei comportamenti di “gratuità” ovvero alla presenza nelle ultime 4 settimane di attività non remunerate finalizzate a recare un beneficio ad altri individui, sia realizzate per il tramite di gruppi/associazioni che individualmente. Ciò consente di affrontare un altro tema piuttosto dibattuto, quello secondo cui i giovani sarebbero più propensi a fare volontariato in modo informale, al di fuori delle strutture organizzative tradizionali.

Ad ogni modo, per quanto condotta secondo standard particolarmente rigorosi, l'Indagine sugli Aspetti della Vita Quotidiana è pur sempre una rilevazione campionaria, pertanto i risultati vanno valutati con equilibrio poiché sono caratterizzati da un margine di errore statistico. Inoltre, si deve tener conto che la definizione adottata in tale contesto fa riferimento a qualsiasi forma di gratuità svolta dagli interessati nel corso delle ultime 4 settimane.5 Gli studi citati in apertura utilizzano nozioni in parte differenti, pertanto i risultati non sono perfettamente comparabili. I giovani fanno più o meno volontariato rispetto agli adulti (ed agli anziani)?

Secondo l'Indagine sugli Aspetti della Vita Quotidiana (2013), il tasso di partecipazione dei giovani alle attività volontariato è inferiore rispetto a quello degli adulti. La situazione è sintetizzata nel grafico. Come si può vedere, la curva della partecipazione raggiunge il proprio massimo fra i 40 ed i 64 anni, attestandosi su valori attorno al 15%, mentre al di sotto dei 35 anni tende a collocarsi fra il 10 ed il 12%.

Questo divario è statisticamente significativo e tale rimane anche dopo aver controllato per le differenze fra i due gruppi (giovani ed adulti) in termini di livello di istruzione, condizione professionale, genere e area geografica di residenza. Da notare, comunque, che i tassi di volontariato giovanile stimati dall'Indagine sugli aspetti della vita quotidiana (vd Tabella) sono più alti di quelli richiamati nel primo paragrafo; ciò dipende in parte dal fatto che nel dato della rilevazione ISTAT sono conteggiati anche coloro che hanno svolto attività gratuite in forma esclusivamente individuale.

La disponibilità di dati disaggregati per tipo di attività (organizzata, individuale, di entrambi i tipi) consente di valutare se, effettivamente, i giovani sono più propensi degli adulti a fare volontariato in modo individuale. Anche in questo caso la risposta è negativa (vedi grafico): la quota di attività svolta al di fuori delle forme organizzate è inferiore al 30% per le classi di età al di sotto dei 30 anni e aumenta al 40% fra gli adulti e gli anziani.

Posto che i giovani, in proporzione, sono meno propensi a svolgere attività di volontariato rispetto agli adulti sarebbe utile capire se siamo di fronte ad un effetto contingente, legato al ciclo di vita, oppure ad un trend storico (effetto di coorte). In pratica, i giovani fanno meno volontariato perché sono giovani – ed in quanto tali meno inclini a svolgere questo genere di attività – oppure perché appartengono ad una generazione che, come sostengono gli studiosi dell'Istituto Toniolo, è priva di riferimenti e di modelli che li orientino alla partecipazione ed alla solidarietà?8

La mancanza di dati storici riferiti al volontariato individuale9 non consente di fornire una risposta concludente. Comunque, come osserva Andrea Salvini dell'Università di Pisa, il tasso di partecipazione al volontariato organizzato è in lieve crescita fra i giovani. Pertanto i ragazzi di oggi, pur vivendo in un mondo profondamente diverso, non sembrerebbero più ostili a tale forma di azione e di intervento nella società rispetto a quelli che li hanno preceduti.

Piuttosto, si dovrebbe riflettere sul fatto che il tasso di volontariato dei giovani italiani è inferiore a quello dei loro coetanei che vivono nel Nord Europa o negli Stati Uniti. A questo proposito giova ricordare che, mentre il volontariato degli adulti è in qualche modo incentivato dall'ordinamento italiano – ad esempio, tramite la previsione di permessi retribuiti usufruibili dal lavoratore – ben poco è fatto nelle scuole per promuovere tale attività fra gli studenti. Negli Stati Uniti, ad esempio, il contributo ad azioni comunitarie è riconosciuto nel curriculum scolastico e consente ai giovani di acquisire crediti formativi. Più in generale, nei Paesi Anglosassoni e dell'Europa del Nord il volontariato è valorizzato e sostenuto dalle istituzioni, da quelle municipali a quelle nazionali, e la sua pratica viene promossa e premiata soprattutto fra le nuove generazioni.

Per quanto attiene invece alla minor propensione dei giovani a svolgere volontariato in forma individuale, si può ipotizzare che tale genere di attività sia almeno in parte legata al crescente inserimento dell'individuo di una rete di rapporti fondati sul vicinato, sulla comunità locale, sulla cittadinanza. In altre parole, la consapevolezza delle responsabilità aumenta con l'età adulta e ciò comporta l'assunzione di obbligazioni morali nei confronti di altri individui; ciò per un verso stimola l'adesione a gruppi o associazioni, per l'altro tende a produrre forme di impegno individuale.

Quelle fornite sono letture parziali e ovviamente opinabili. Ad ogni modo, le evidenze disponibili spingono a nutrire un certo sospetto verso le interpretazioni incentrate su stereotipi che dipingono i giovani come ribelli romantici, propensi ad esercitare l'altruismo e la solidarietà ma in modi diversi da quelli ereditati dal passato. I giovani di oggi sono sicuramente diversi da quelli del passato, e tale alterità può risultare spiazzante, ma forse la radice della loro specificità va ricercata altrove.


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