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Sanità & Ricerca

Zika, allarme o bluff?

Fabrizio Pregliasco, virologo presso il Dipartimento Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano, spiega a Vita, «lo conosciamo dal 1947, è per lo più innocuo, i rischi maggiori sono per le donne incinte»

di Lorenzo Maria Alvaro

Si chiama Zika ed è l’oggetto di un allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un virus che starebbe flagellando il Sud America ma che sarebbe arrivato con alcuni casi anche in messico, Usa ed Europa. Per capire di cosa si sta parlando abbiamo intervistato Fabrizio Pregliasco, presidente Anpas e virologo presso il Dipartimento Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano.

Partiamo dal principio, cos’è Zika?
È una vecchia conoscenza. I primi casi si ebbero nel 1947 in una delle foreste dell’Uganda. Ecco da dove viene il nome. Si possono poi raccontare focolai che sono avvenuti nella storia in per lo più in Africa, nel Sud est asiatico e in Sud America.

È un virus?
Si, correlato alla dengue, alla febbre del Nilo occidentale. E come tutte le febbri malariche si trasmette con la puntura delle zanzare «Aedes Aegypti»

Oggi però c’è in atto un allarme, come mai?
Perché contrariamento ai casi precedenti questa volta c’è una stima malcontata tra i 200mila e il milioni di casi. Numero che rende l’idea della dimensione del fenomeno. Si diffonde ad una velocità altissima.

Quanto è rischiosa la malattia?
Nel 25% dei casi è addirittura asintomatica. Nella maggioranza dei casi dà problemi banali come febbre, eruzioni cutanee, mal di ossa, congiuntivite o arrossamento degli occhi. Non è insomma così pericoloso e molto simile ad una normale influenza. Il caso più delicato è se ad ammalarsi è una donna incinta. In queste situazioni potrebbe provocare la microcefalia del feto.

Come si può affrontare l’emergenza?
Serve, soprattutto nelle zone più colpite, un intervento ingente di sanità pubblica in modo che si argini il fenomeno. Il modo principale per farlo è eliminare le zanzare che sono il vettore. Anche perché non c’è un antivirale specifico e quindi la cura è il semplice accompagnamento del paziente.

E quali sono i rischi in Italia?
Sono bassi. Quasi nulli visto che siamo nel periodo invernale e non ci sono zanzare. Se ci saranno dei casi si farà un’operazione per tamponare la situazione . È bene sottolineare che non ci sono ad oggi casi di decesso.


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