Attivismo civico & Terzo settore

Trasporto disabili, i taxisti perdono ricorso contro il volontariato

Una Asl ha affidato senza gara il servizio di trasporto dializzati ad alcune associazioni di volontariato, risparmiando notevolmente sui costi, ma urtando le associazioni di taxi e autonoleggio, che hanno fatto ricorso al Tar. A sua volta il tribunale ha chiamato in causa l'Europa, che però ha dato ragione ai volontari. Ecco perché

di Gabriella Meroni

Se i taxisti parigini hanno incassato una vittoria contro Uber, i taxisti piemontesi hanno invece perso il ricorso intentato davanti al Tar Piemonte per impedire l’affidamento diretto in convenzione (e a fronte soltanto di un rimborso spese) da parte dell’Asl TO4 del servizio di trasporto dializzati a favore di varie associazioni di volontariato. I ricorrenti avevano lamentato, in particolare, la violazione della disciplina nazionale ed europea dell'evidenza pubblica; per questo dunque il Tar Piemonte ha sollevato davanti alla Corte UE una questione pregiudiziale, chiedendo, in sostanza, se ed in che limiti il diritto dell’Unione consenta un tale affidamento diretto di un servizio pubblico.

«Il diritto dell’Unione non impedisce alla normativa nazionale di autorizzare l’affidamento di un servizio pubblico in via diretta, senza gara, senza pubblicità e senza alcun compenso diverso da un mero rimborso spese ad associazioni di volontariato», ha risposto la Corte con una sentenza che è possibile consultare in allegato. A patto che – ha aggiunto la Corte europea – l’attività delle associazioni corrisponda effettivamente a una finalità sociale e consenta di perseguire obiettivi di solidarietà e di efficienza di bilancio. L’autorità che procede a tale affidamento diretto – si legge ancora – «non è tenuta, in base alle norme dell’Unione, a comparare preliminarmente più offerte di varie associazioni».

La sentenza va anche oltre, e spiega che il rimborso spese corrisposto all’associazione di volontariato non inficia la natura volontaristica dell’organizzazione, che infatti può anche esercitare attività commerciali (volte alla realizzazione di un profitto), purché le stesse non ne snaturino la vocazione benefica: quindi le attività commerciali potranno essere svolte dall’associazione di volontariato in quanto rappresentano una minima parte della complessiva attività svolta, e servono a sostenerne gli scopi. Entro tali limiti, quindi, la legislazione nazionale può, senza infrangere il diritto dell’Unione, prevedere la facoltà delle associazioni di volontariato di svolgere attività commerciale.


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